Recensione: Jaws Of Death

Di Daniele D'Adamo - 18 Dicembre 2007 - 0:00
Jaws Of Death
Band: Primal Fear
Etichetta:
Genere:
Anno: 1999
Nazione:
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80

I Primal Fear sono una band tedesca formatasi nel 1997 a seguito della fuga, dai Gamma Ray, del cantante Ralf Scheepers e del bassista/tastierista Mat Sinner (già cantante/bassista dell’omonima band teutonica Sinner). Nel 1998 l’uscita del loro primo full-length, dal titolo omonimo (Primal Fear, Nuclear Blast), ha dato il via ad una produzione regolare e costante nel tempo, sino a giungere a New Religion (Frontiers Records) da poco in vendita sugli scaffali dei negozi. L’album oggetto della presente recensione è il secondo, in ordine di tempo, della loro ormai decennale carriera: Jaws Of Death. Realizzato nel giugno del 1999 e prodotto da Mat Sinner stesso, con una line-up basata, oltre che sui due musicisti sopra citati, su Tom Naumann (chitarre/tastiere), Stefan Leibing (chitarre) e Klaus Sperling (batteria).

Come si può facilmente intuire dal substrato musicale dei due fondatori del gruppo, lo stesso sciorina un Power dai connotati classici, tipicamente teutonici; ossia dal groove molto roccioso, veloce, quadrato, compatto, lineare e pulito, con un occhio di particolare riguardo alla melodia ed all’orecchiabilità, ma mai senza eccedere in ciò.

Dopo il breve intro di Jaws Of Death, con Final Embrace si ritrovano subito le caratteristiche sopra elencate: partenza decisa con un riff aperto, poderoso e massiccio, sostenuto dalla più classica delle ritmiche a doppia cassa, cesellato da soli di chitarra a cascata, strofa cantata con aggressività mista a melodicità dalla voce lievemente roca di Ralf Scheepers, pre-chorus e chorus estremamente armoniosi, con cori di ampio respiro ed intensità. Nel break centrale aumenta poi la velocità e la potenza della sezione ritmica, per preparare l’assolo di chitarra, assai personale e suonato con gusto. Una sorta di “canzone-emblema” del genere, in sostanza. Save A Prayer, e si inizia da dove si era terminato con il brano precedente. Il ritornello è relativamente disarmonico ed anzi un po’ dissonante, ma di impatto sicuro, la ritmica macina incessantemente la propria strada con potenza e regolarità, gli assoli di chitarra si susseguono con ondate al calor bianco. Riff a profusione e doppia cassa a tappeto anche in Church Of Blood, ove però la strofa viene cantata su una base di basso soltanto, potendo quindi apprezzare la tonalità calda e roca di Ralf. Ritornello trascinante ed anthemico, con break centrale sottolineato da pesanti rintocchi di campana, come pesante e claustrofobica è la parte stessa della canzone, pur impreziosita da cristallini assoli di chitarra. Toni più oscuri e tetri in Into The Future, caratterizzata da un vigoroso riff di chitarra, e da un cantato ad alti livelli di tonalità. Particolare, per ricercatezza e per la scarsa immediatezza della melodia (intesa come caratteristica positiva), il refrain, seguito da un break davvero ben riuscito in quanto a dinamismo e, stavolta, armonicità. Sempre regolare, incessante, senza soluzione di continuità il lavoro della sezione ritmica. Esplode la melodia orchestrale nell’introduzione di Under Your Spell, la cui strofa cantata è sottolineata da un riff portante singolare ed autonomo. Stupendo per orecchiabilità e liricità il ritornello, memorabile per intensità emotiva, arricchito da preziosi cori e da cadenzati break di chitarra solista, sempre impegnata a trovare combinazioni di note tese alla massima melodicità. Come da titolo, esplode poi il riff assassino di Play To Kill, sorta di mid-tempo lievemente accelerato, dal cantato assai aggressivo e cattivo, così come il refrain, semplice ed immediato, senza fronzoli. Un intro di tastiera apre Nation In Fear, ove, senza perdere tempo prezioso, si rompono subito gli indugi con un mid-tempo potente, quadrato e massiccio, che confluisce in un ritornello orecchiabile e facilmente memorizzabile per semplicità e linearità, per poi scivolare su una cascata di note adamantine della chitarra solista. Un altro intro di tastiera introduce When The Night Comes, dal ritmo più blando rispetto ai brani predenti, dal groove intimista e marcatamente Heavy, soprattutto nella costruzione del ritornello. Con Fight To Survive si riprendono a macinare ritmi elevati e riottosi, sostenuti da continui riff di chitarra ritmica, culminanti nel ritornello, da cantare insieme a Ralf grazie alla linearità, semplicità e soprattutto efficacia del refrain stesso. Echi di epicità emergono nel break centrale, rallentato e profondo. La penultima canzone del platter, Hatred In My Soul, apre le danze con un bellissimo riff di chitarra ed un’altrettanta bellissima strofa, cantata in maniera esemplare da Ralf, che continua sullo stesso alto livello qualitativo sino al ritornello, seguito da un violento ed aggressivo assolo di chitarra solista. Chiude il disco Kill The King, congruente con lo stile generale dell’album stesso. Inizio scoppiettante, ritmo veloce e continuo, pieno e vigoroso, refrain scandito e spiccato. Tono complessivo caldo e pieno. 

Per sintetizzare, un album ove la componente peculiare non è la ricerca dell’originalità a tutti i costi, ma anzi la volontà di ribadire, segnare, sottolineare, rimarcare, le caratteristiche musicali di un genere che, nella terra teutonica, ha trovato una propria, unica identità e tipicità. Un album, quindi, assolutamente onesto e coerente, dove non mancano comunque episodi di classe, dovuti allo spessore internazionale dei musicisti che compongono l’act tedesco e dove non mancano alcune canzoni da ricordare quali esempi di Power “semi-melodico” da antologia.

Daniele D’Adamo

Tracklist:
1 – Jaws Of Death
2 – Final Embrace
3 – Save A Prayer
4 – Church Of Blood
5 – Into The Future
6 – Under Your Spell
7 – Play To Kill
8 – Nation In Fear
9 – When The Night Comes
10 – Fight To Survive
11 – Hatred In My Soul
12 – Kill The King

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