Recensione: Jesus Christ Superstar

Di Giulio Caputi - 13 Agosto 2004 - 0:00
Jesus Christ Superstar
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Anno: 1973
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100

Sì. So bene che non sto parlando di un gruppo o di un progetto solista di un gruppo metal o hard rock, ma quanta importanza ha rivestito questo musical immortale (è proprio il caso di dirlo!) nel panorama hard’n’heavy degli anni 70?, beh tantissima sicuramente; l’intero movimento rock del periodo è stato un turbinio di creatività, di ideali, di speranza, il tutto miscelato ed aggiunto ad un contesto musicale unico ed irripetibile. In questo discorso va inserita anche questa opera monumentale del compositore A.L.Webber autore tra l’altro dei più celebri musical di sempre, come “Cats”, “Phantom of the Opera”, “Starlight express” ed “Evita”. JCSS uscì a livello discografico come prima versione nel 1970 (teatrale nel 1971), in cui la parte di Gesù era stata interpretata magistralmente da Ian Gillan, ma la versione più famosa di questo musical è quella cinematografica del 1973, con un cast rinnovato e di sicuro valore artistico, in particolare in questa seconda versione spicca su tutti l’incredibile voce di Carl Anderson (Giuda) e comunque molto bella ed emozionante rimane anche la voce di Ted Neeley (Gesù) e l’incredibile carica espressiva di Barry Dennen (Pilato), già creditato nella precedente versione cosi come Yvonne Elliman (Maddalena). La storia del musical è basata sugli ultimi sette giorni di vita di Gesù di Nazareth, ma il tutto rivisto in un modo del tutto nuovo e rivoluzionario per l’epoca; infatti enorme fu lo scalpore che suscitò questo film al momento della sua proiezione, molto risalto veniva dato soprattutto ai sentimenti e alla condizione di sofferenza umana, alle paure, al desiderio di libertà, tutti ingredienti che nei primi anni 70 costituivano una vera e propria filosofia di vita. Ci sarebbe da parlare per ore ed ore di questa opera e dei suoi risvolti socio culturali, per cui credo che sia importante a questo punto fare l’analisi delle canzoni (suddivise in due cd), che sono poi quelle che hanno fatto epoca. L’overtoure è affidata ad una chitarra elettrica “maligna” che con il suo giro cerca di riassumere in pochi minuti la tragedia che dovrà accadere di lì a poco, snodandosi poi con l’aiuto di un’orchestra d’archi e di una robusta sezione ritmica in un rock d’assalto, per poi terminare con delle note dolcissime che verranno riprese nel finale. Ma ecco un bellissimo riff ritmico di chitarra introdurre l’hard’n’roll di “heaven on their minds”, Carl Andersson supera se stesso in questa traccia dando il meglio di sé, ottimi gli arrangiamenti orchestrali ed il refrain rimane un qualcosa di veramente irresistibile, una delle tante songs immortali di questo disco. Senza neanche riprendere fiato una spettacolare e ritmatissima intro di basso/batteria ci porta a “What’s the buzz” in cui Giuda e Gesù si alternano in un botta e risposta intervallato da splendidi cori, anche questo pezzo risulta essere avvolgente, ed una volta ascoltatolo non farete altro che cantare ininterrottamente …”What’s the buzz, tell me what’s happening?”….La paura di essere scoperti, la paura di non poter sentirsi liberi attanaglia Giuda e così “Strange thing mystifying” rimane uno dei pezzi più teatrali con poca forma canzone, allo stesso modo i sacerdoti (Caifa ed Hannah) in “Then we are decided” (ascoltate bene Caifa, un basso incredibile!!) esprimono il loro desiderio di sopprimere il possibile pericolo di perdita di potere sul popolo ebraico rappresentato da Gesù ed i suoi seguaci. La sesta traccia “Everything it’s allright” è anche una delle più famose del musical, dolcissima la voce di una sensualissima Maddalena innamorata (di Gesù), che viene interrotta dal duetto Giuda/Gesù in un contesto litigioso che non fa presupporre nulla di buono, è una traccia dal livello artistico eccezionale, superba la prova della sezione ritmica in tempi dispari, ma quello che rimane veramente indimenticabile è la splendida melodia del coro. Il senso di minaccia e di crudeltà viene rappresentato alla perfezione da “This Jesus must die” altra prova superlativa dei due sacerdoti, uno dalla voce maligna, l’altro dalla voce bassa e tonante. “Hosanna” al primo ascolto potrebbe sembrare un pezzo da suonare durante la messa, ma se si scoprono bene sia le parole “Jesus why don’t you die for me?…”, notiamo subito come il contesto sia diverso, pezzo comunque suggestivo dominato dalla voce di Ted Neeley unitamente ad un coro fantastico. Ritmatissimo e d’assalto quasi da far invidia ai migliori Deep Purple è l’hard rock di “Simon the Zealotes”. Anche se si regge da sola, questa traccia andrebbe accostata alla visione del film sia per capirne il senso e sia per osservare il meraviglioso balletto che la accompagna. Commovente è il pianto di Gesù in “poor Jerusalem”, ma quello che salta alle orecchie è forse la migliore interpretazione in assoluto tra tutto il cast di Barry Dennen (Pilato) che in “Pilate’s dream” ci dà solo un piccolo assaggio di quella che sarà la sua incredibile perfomance nella parte finale del lavoro. Lo sdegno di Gesù nel vedere il tempio preda dei mercanti è rappresentato in “Temple”, in questo caso Neeley raggiunge degli acuti impressionanti! La prima parte della rock opera è costituita da un’altra famosissima canzone cantata da Yvonne Ellimann e cioè “I don’t know how to love him”, traccia acustica, commovente che non può non lasciare il segno nel cuore di chi l’ascolta. Ricordiamo anche come la Ellimann abbia interpretato alcuni dei più bei classici dei Bee Gees sul finire degli anni ’70 (If i can’t have you, love me , more than a woman..) Il semplicistico ma azzeccatissimo coro dei discepoli introduce uno dei pezzi più eterogenei, dalle tinte quasi prog, dell’album, “The last supper”, che dire del duetto Giuda/Gesù? Proprio dal forte contrasto dei due principali personagggi del musical nasce una delle prove più suggestive e riuscite dell’album; non ci sono parole per descrivere poi le infinite emozioni che si provano ad ascoltare il monologo di Gesù in “Gethsemane”, già la prova dei Ian Gillan nella versione precedente risultava eccezionale, ma anche questa non scherza, la canzone è intervallata da passaggi riflessivi ed altri più drammatici, il tutto sostenuto sia dall’orchestra che dal bravissimo gruppo di supporto che regala dei momenti acustici superlativi. “Arrest” e “Peter’s denial”, pur essendo buoni sono solo dei momenti di passaggio per arrivare alla prova magistrale, come già ricordato, di Barry Dennen (Pilato) in “Pilate and Christ”. Tragicomico è il dixie di “King Herod’s song”, veramente godibile, ma solo la visione del film riesce a catturare tutti gli aspetti comici e non di questa traccia. I discepoli tornano a far sentire la loro presenza in “Could we start again”, anche questo è un piccolo capolavoro in miniatura di soli due minuti e mezzo, ma quanta carica espressiva e quanto dolce è la voce della Elliman!! Siamo quasi arrivati all’ultima parte dell’opera, i toni drammatici ed il dolore cominciano a farsi sempre più pressanti, a cominciare da “Judas death” che se da un lato non è una traccia memorabile dall’altro sottolinea ancora la bravura di Carl Anderson. Barry Dennen ci offre invece la sua migliore prestazione in “Trial Before Pilate” il cui sottofondo riprende la traccia d’apertura. Celeberrima è poi “Superstar” canzone universale che non ha bisogno di presentazioni, sugli scudi la sezione ritmica ed i cori magistrali, mentre “Crucifixion” più che essere una traccia musicale, è l’epilogo del dramma costituito da una colonna sonora inquietante. Il finale “John nineteen: Forty one” che riprende la parte conclusiva dell’overtoure, è poi comunque molto più melodico, in cui rimane solo l’orchestra ed in particolare gli archi a chiudere questo lavoro epocale. Credo che non ci sia bisogno di aggiungere molto a quello che si è già detto, l’importanza storica di tale opera rock è inequivocabile, posso solo sentirmi di consigliare a chi per la prima volta volesse conoscere in modo approfondito questo musical, entrambe le versioni disponibili del 1970 e del 1973, tutte e due di enorme spessore, mentre negli ultimi anni sono uscite nuove versioni che sicuramente pur mantenendo quell’alta qualità dovuta sia ai vari cast che al valore intrinseco dell’opera, non mi convincono appieno perché stentano a mantenere quello spirito e quelle sonorità tipicamente hard rock degli anni ’70 che mi hanno spinto a scrivere questa recensione, ad ogni modo un lavoro imprescindibile per chiunque.

Tracklist:

DISC 1:

  1. Overture
  2. Heaven On On Their Minds
  3. What’s The Buzz
  4. Strange Thing, Mystifying
  5. Then We Are Decided
  6. Everything’s Alright
  7. This Jesus Must Die
  8. Hosanna 
  9. Simon Zealotes 
  10. Poor Jerusalem 
  11. Pilate’s Dream 
  12. The Temple
  13. I Don’t Know How To Love Him
  14. Damned For All Time / Blood Money

DISC 2:

  1. The Last Supper
  2. Gethsemane
  3. The Arrest
  4. Peter’s Denial
  5. Pilate And Christ
  6. King Herod’s Song
  7. Could We Start Again, Please?
  8. Judas’ Death
  9. Trial Before Pilate
  10. Superstar
  11. The Crucifixion
  12. John Nineteen: Forty One

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