Recensione: Joe Black

Di Matteo Bovio - 13 Luglio 2004 - 0:00
Joe Black
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Anno: 1997
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65

Di certo non un episodio imperdibile. Joe Black in realtà non è da considerarsi un full-lenght: trattasi infatti di un platter contenente tre inediti, tre remix, una cover e tre demo version. Insomma, uno di quei Cd che i gruppi talvolta buttano fuori come intermezzo tra due album; e sui quali critica e pubblico si ammazzano per innalzare l’opera quale tributo ai fan o radiarla a mera operazione commerciale. Direi di saltare a piè pari questa fase, e passare alla descrizione dei contenuti.

Innanzitutto gli inediti. “Joe Black” è un classico pezzo dei Malevolent Creation, ineguagliabile in velocità (forse sotto questo aspetto anche loro non hanno mai osato tanto), con un riffing particolarmente violento. L’attacco ricorda le atmosfere dell’appena pubblicato Eternal, e anche lo sviluppo della canzone non può non rimandare agli episodi più violenti che chiudevano appunto il loro quarto lavoro.
Più moderata la successiva “Self-Important Freak“, incredibilmente potente grazie ad un andamento Thrash molto groovy. Sicuramente non è facile trovare all’interno della loro discografia altri episodi tanto marcatamente lineari: in ogni caso il gruppo dimostra di saperci fare anche quando si assesta su territori così classici. Un pezzo veramente carico, imperdibile per gli adoratori del gruppo. Poche parole per “Sadistic Perversity“, giusto per evitare di essere ripetitivo: un buonissimo brano sul quale non ci sono particolari segnalazioni da fare.

Il suono degli inediti è ottimo, più carico rispetto a Eternal, sicuramente meno quadrato di quello di In Cold Blood. Decisamente uno dei migliori sound che il gruppo abbia mai saputo tirar fuori. Le prestazioni ovviamente non sono neanche da discutere, impeccabili come sempre; giusto come nota, alla voce troviamo l’ex-bassista Blachowicz, che aveva cantato su Eternal e canterà su In Cold Blood.

Discreta anche la prova sulla cover, il classicone “Raining Blood“. Ma con molta umiltà, per quanto fan sfegatato, devo ammettere che gli allievi (Fasciana è sempre stato un completo adoratore degli Slayer) non sono riusciti a superare i maestri. Anche se ci sono andati molto vicini…
Per quanto riguarda i remix, lo dico con assoluta onestà, pietosi… Mai e poi mai mi sognerei di contestare l’unione di Metal estremo e elettronica in sè: ma qui lo scempio è stato fatto proprio in fase di realizzazione. Banalità che potrebbero provenire dalla più buzzurra discoteca di provincia vengono malamente sovrapposte a tre ottime canzoni, storpiandole in maniera indicibile. Meglio che mi fermi qui.

Sulle demo-version niente di particolare da segnalare: il suono non è malvagio, l’esecuzione ottima. Insomma, soprattutto per quanto riguarda i due del ’90 non aspettatevi chissà quale produzione. Vi posso tuttavia assicurare che le parti sono completamente intelligibili, dunque le tre tracce sono un documento che potrebbe interessare chi segue la band in modo assiduo.
E qui ho detto molto: perchè il discorso vale per tutto quel che è Joe Black. Inutile consigliarlo a chi non sia fan del gruppo. Addirittura deleterio suggerirlo a chi voglia scoprire il passato della band. Avvicinatevi a questo album solo ed esclusivamente se avete già familiarità col loro suono almeno fino al periodo di Stillborn; sarà fonte di una certa delusione per quanto riguarda certe scelte, ma anche di godimento nel constatare per l’ennesima volta l’infinita capacità dei Malevolent Creation di sfornare ottimi brani.
Matteo Bovio

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