Recensione: Joe Perry
Dopo circa vent’anni dall’ultima release solista, e per la quarta volta nella sua carriera, il buon guitar player degli Aerosmith Joe Perry, rientra sulle scene in solitario firmando un buon album a proprio nome. Lontano dalla band madre e dal vulcanico Steven Tyler, il solitario e riservato Joe confeziona un lavoro fatto di sano rock-blues, cimentandosi anche nell’insolita ed inedita veste di singer, (anche se con gli Aerosmith in qualche episodio, si era reso protagonista al microfono). Certo, Steven Tyler ha ben poco di cui preoccuparsi, perché la voce del chitarrista non è certo incisiva ed espressiva come l’ugola al vetriolo del padre della bella e sensuale Liv, anzi in alcuni punti si rivela il punto debole del disco.
Penso che Honkin On Bobo, ultimo full-lenght degli Aerosmith, abbia fatto riscoprire la voglia di tornare a suonare quel sound sporco e grezzo vellutato di blues che ha sempre contraddistinto il suono della band. In ogni caso Joe non si discosta da quanto ho detto e firma un album riuscito, che pur non facendo gridare al miracolo, riesce nell’intento ed offre all’ascoltatore cinquanta minuti di buona musica, suonati e prodotti da un musicista ormai divenuto una rock-star di successo e che di certo non deve dimostrare più niente, se non quello di saper scrivere ancora musica di buon livello.
In ogni modo il disco non è un esercizio di tecnica e virtuosismi per soli chitarristi, ma un concentrato di buone canzoni rock-blues. Gustiamoci la slide in bell’evidenza nella trascinante opener Shakin’ My Cage che conferma ampiamente le mie impressioni. Non mancano i riffoni duri e rockeggianti come in Hold On Me e Can’t Compare, mentre l’orientaleggiante e mistica Pray For Me si muove lenta, come una carovana di cammellieri tra le assolate dune del deserto. Pezzi come Lonely si avvalgono d’atmosfere un po’ moderniste ma sempre, intrise di rock’n’roll. Sentire come la chitarra di Joe è ancora in grado di graffiare, è un vero piacere e per conto mio spazza via qualsiasi new rocker o presunto tale. Molto bella è Ten Years, una ballata dal sapore quasi country. Non manca un omaggio ai Doors con Crystal Ship, psicadelica e onrica nel suo sviluppo. Molto bella è anche Vigilante Man, un blues ruvido e sporco che porta la firma del grande Woody Guthrie. Un altro brano che mi ha conquistato è Talk Talkin’, un rock-blues coinvolgente e ritmato con cori femminili che ti stampano il ritornello in testa. Non mancano un paio di brani strumentali come Twilight e la coclusiva Mercy, forse un po’ prolissi ma sempre coinvolgenti. Un altro brano che mi preme segnalare è il funk-rock di Push Comes To Shove e sono sicuro che in compagnia dell’altro ex toxic-twins questo pezzo avrebbe reso maggiormente.
Insomma un disco onesto e sincero, suonato con passione, ed inciso nella cantina-studio della sua casa di Boston; un lavoro da apprezzare e gustare per quello che è, ovverosia un buon disco di rock music.
Grande Joe.
Shakin’ My Cage
Hold On Me
Pray For Me
Can’T Compare
Lonely
Ceystal Ship
Talk Talkin’
Push Comes To Shove
Twilight
Ten Years
Vigilante Man
Dying To Be Free
Mercy