Recensione: Jordpuls

Di Alessandro Calvi - 6 Aprile 2011 - 0:00
Jordpuls
Band: Vintersorg
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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78

Ci ha fatto attendere quattro anni per poter ascoltare il suo nuovo album. Quattro anni che, tra luci e ombre, hanno visto Vintersorg (al secolo Andreas Hedlund) protagonista in diversi gruppi e side-project. Certamente il precedente “Solens Rotter” è stato un disco che non ha deluso i fan, un po’ meno si può dire dell’ultimo album dei Borknagar. Proprio “Universal” potrebbe far storcere un po’ il naso per l’uscita di questo “Jordpuls” a solo un anno di distanza. Se già quell’album, per quanto composto splendidamente, sembrava a corto di ispirazione, cosa ci si dovrà attendere dal Vintersorg solista?

La risposta è semplice e, al contempo, estremamente apprezzata: un artista in piena forma.
Quattro anni son lunghi, ma sembra che Hedlund li abbia fatti fruttare appieno e non sia stato con le mani in mano. “Jordpuls” potrebbe sembrare, a un primo ascolto (e a una prima occhiata alla copertina), un ritorno al passato, a quegli inizi dal sapore folk-viking di “Till Fjälls” e “Ödemarkens Son”. In realtà è chiaramente un nuovo tassello dell’evoluzione musicale e tematica del progetto Vintersorg.
Lasciate da parte le sperimentazioni e i tecnicismi estremi e parossistici di dischi capolavoro come “Visions from the Spiral Generator”, l’esperienza maturata non è, però, stata dimenticata. Seppur più diretto nelle linee melodiche, e in particolare nei riff di chitarra, in questo “Jordpuls” si odono ancora il gusto per il jazz, la musica anni settanta, le stratificazioni e sovrapposizioni musicali. Il tutto perfettamente mescolato riprendendo alcuni degli elementi folk degli inizi e di quella sorta di magniloquenza che contraddistingueva i passaggi in cui veniva descritta la grandezza della natura.
Si tratta di un disco che al primo ascolto scorre dall’inizio alla fine, sembra orecchiabile, subito digeribile, forse fin troppo. La realtà è ben diversa, ma necessita di un po’ più di tempo e dedizione per essere pienamente disvelata. Ascolto dopo ascolto. Un passaggio nello stereo dopo l’altro, “Jordpuls” sboccia nelle orecchie degli ascoltatori mostrando tutti i tesori che cela al proprio interno.
Non che sia tutto perfetto, comunque. Che il disco sia stato interamente realizzato e registrato da soli due musicisti si sente, seppur solo in rarissime occasioni. L’assenza di un vero batterista, sostituito dalla drum-machine come in “Solens Rotter” e nei primi album targati Vintersorg, è una mancanza che paradossalmente si avverte relativamente poco. Un po’ diverso è il discorso per quanto riguarda il basso e alcuni passaggi di tastiera. Questi ultimi sembrano, in alcuni frangenti, girare un po’ a vuoto su melodie fin troppo semplici, almeno rispetto agli altri strumenti, oppure isolarsi al punto da risultare quasi avulsi dal contesto musicale. Per fortuna, però, come si diceva, si tratta di piccole e rarissime eccezioni che si percepiscono solo dopo ripetuti ascolti e che non pregiudicano, se non in maniera infinitesimale, il giudizio sul platter.
A far da contraltare a questi piccoli errori, vi sono, invece, brani splendidi che si ricavano senza fatica un posto tra i migliori mai scritti da Vintersorg. L’apertura “Världsalltets Fanfar” convincerebbe all’acquisto del CD anche l’ascoltatore più scettico. I cori di “Klippor Och Skär” sono a dir poco trascinanti e, volendo, si potrebbe andare avanti così per tutta la tracklist. Ogni canzone, infatti, riesce a trasmettere qualcosa e, pur rimanendo vincolata a uno stilema espressivo e musicale comune a tutto l’album, a distinguersi dalle altre rimanendo stampata in testa. Infine, inoltre, si tratta di un disco che merita di essere scoperto da soli, senza troppe idee preconcette in mente.
Un’ultima considerazione, però, è doverosa. Facendo un passo indietro e tornando a parlare di “Världsalltets Fanfar” non è possibile non spendere due parole sul break centrale. Questo passaggio sembra quasi scritto (ma avrei potuto citare anche tutta l’ultima traccia “Eld Och Lågor”) per tacitare una volta per tutte tutti coloro che, in questi anni, hanno apertamente criticato, o anche solo dubitato di, Hedlund come esecutore. Il passaggio in voce pressochè solista, accompagnata solo da un delicato arpeggio di chitarra, ha linee melodiche per niente facili, ma l’esperienza è assolutamente da brividi. Dopo aver ascoltato un brano simile si può certamente ancora criticare l’artista per molti motivi, ma di certo non come interprete.

Andreas Hedlund-Vintersorg torna a farsi sentire con il progetto solita che porta il suo stesso nome. L’atteso seguito di “Solens Rotter” è un album complesso e al contempo estremamente orecchiabile e godibile. “Jordpuls” segna il raggiungimento di quella che appare come la perfetta commistione tra le due anime del progetto Vintersorg: le influenze prog-psichedelico-sperimentali con l’iniziale ispirazione folk-viking-black. Il risultato è un piccolo capolavoro che non mancherà di far contenti i fan e, probabilmente, ricredere anche qualcuno ancora scettico nei confronti di questo artista. L’unica pecca a questo disco è che sembra durare fin troppo poco, fosse stato lungo il doppio, però, probabilmente non sarebbe bastato lo stesso.

Tracklist:
01 Världsalltets Fanfar
02 Klippor Och Skär
03 Till Dånet Av Forsar Och Fall
04 Mörk Nebulosa
05 Stjärndyrkan
06 Skogen Sover
07 Vindögat
08 Palissander
09 Eld Och Lågor

Alex “Engash-Krul” Calvi

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