Recensione: Journey Tribute
Non capita tutti giorni di imbattersi nel demo di un cantante che porge i suoi omaggi al proprio gruppo preferito con un disco-tributo. Ciò che è indubbio, tuttavia, è che, per un cantante, omaggiare un gruppo come i Journey è una delle prove più complete e difficili da superare.
Si cimenta dunque nella tenzone Guido Priori, singer milanese che più che un musicista preferisce vedersi come un fan innamorato della band di Steve Perry, suo idolo indiscusso.
Il risultato è a dir poco inebriante, tutto concentrato, com’è giusto che sia, sulle lead e backing vocals, quasi tutte eseguite da Guido con una perizia e una fedeltà eccezionali, senza mai risultare freddi esercizi di riproduzione che sarebbero impossibili da proporre per un genere come l’AOR, forte sì delle complessità armoniche di cori e controcanti, ma anche necessitante di feeling e impegno interpretativo. Guido “imita” il suo eroe Steve dalla timbrica (che mi sembra appena più stridula e squillante) alla carica emotiva.
La tracklist è studiata scegliendo i pezzi più famosi del combo americano, anche se quando si tratta di band del genere, rimane sempre fuori qualche gemma, ma già il fatto che siano stati inclusi ben 7 pezzi del periodo d’oro (’81-’86) dell’AOR dovrebbe dirla lunga: dai due album più venduti dei Journey, Escape e Raised On Radio, vengono infatti tratte “Don’t Stop Believin'”, “Who’s Crying Now”, “Open Arms” e “Stone In Love” (dal primo); “Be Good To Yourself”, “Girl Can’t Help It”,
“Suzanne” (dal secondo). Come già detto le versioni di Guido non si distaccano granché dalle originali, anche se tra le interpretazioni spiccano quelle veramente sublimi di “Suzanne” e “Who’s Crying Now”, oltre alla sempreverde “Don’t Stop Believin'”. E’ forse dal punto di vista strumentale che il tributo cede qualcosa, dal momento che la prestazione degli ospiti, pur senza macchia, non è avvicinabile a quella di un Neal Schon o di Jonathan Cain, soprattutto dal punto di vista della magniloquenza degli arrangiamenti – ma potrebbe essere già meglio con una produzione più pomp – anche se i soli su “Stone In Love” e “Be Good To Yourself”, eseguiti da Mark Andrews (il sito credita per il secondo Sandro Zevio) sono abbastanza fedeli al feeling originale.
La tracklist si completa con “Anyway You Want It”, tratta dall’album Departure (1980), i cui cori perfettamente riproposti svolgono benissimo il ruolo di opener; “Lovin’, Touchin’, Squeezin'”, da Evolution (1979); la travolgente “Wheel In The Sky”, da Infinity (1978); ciliegina sulla torta, “Only The Young”, singolo del 1985 che i Journey scrissero per la colonna sonora del film Vision Quest
Anche la produzione è decisamente apprezzabile, lungi dal suono fatto in casa dei normali autoprodotti, come anche dalle loro tracklist ridotte. Se ci fosse un artwork più importante e un’etichetta ad occuparsi di distribuzione e noie varie, non mancherebbe altro per parlare di vero e proprio tribute album.
Contatti: Pierguid@libero.it
Tracklist:
- Anyway You Want it
- Girl Can’t Help It
- Who’s Crying Now
- Suzanne
- Don’t Stop Believin’
- Only The Young
- Be Good To Yourself
- Wheel In The Sky
- Stone In Love
- Lovin’, Touchin’, Squeezin’
- Open Arms