Recensione: Judgement Day

Di Daniele D'Adamo - 15 Ottobre 2023 - 19:13
Judgement Day
Band: Lovebites
Etichetta: Victor
Genere: Power 
Anno: 2023
Nazione:
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86

Con “Judgement Day” le Lovebites tagliano il traguardo del quarto full-lenght in carriera, giunto sugli scaffali dei negozi specializzati a tre anni dal predecessore “Electric Pentagram”.

Lovebites. Partendo da Tokyo nell’ormai lontano 2017, il quintetto ha via via allargato il proprio raggio di azione sia in materia discografica, sia per quanto riguarda le esibizioni dal vivo. Una completezza che nasce anzitutto da una tecnica strumentale enorme posseduta dalle protagoniste, la cui altissima vetta è intitolata a Miyako, formidabile, inimitabile chitarrista e pianista, nonché compositrice dall’eccelso livello artistico. Tecnica che è facilmente desumibile e visibile dalla numerosa produzione di video live che abbracciano, anche, il Wacken e il Bloodstock, fra gli altri.

La band giapponese ama molto l’heavy metal della NWOBHM (‘My Orion’), che si avverte come sentimento di fondo, sulla quale è stato eretto un power metal estremamente… potente, dalla fisionomia epica, a tratti devastante sino a cadere nelle braccia del thrash (‘We Are the Resurrection’, ‘Dissonance’). Il tutto, condito da una pietanza melodica gustosissima.

Melodia legata strettamente all’ambito neoclassico, che spunta continuamente dalle pieghe del disco grazie al contributo notevole apportato dalle due chitarriste, impegnate a tessere brillanti tele con l’azione solista sia di Miyako e di Midori, pure lei dotata di classe e tecnica sopraffine. Non solo neoclassico, però. Le due musiciste si rivelano abilissime nell’elaborare assoli taglienti come lame di rasoio, scambiandosi continuamente di posto durante l’esecuzione (‘Judgement Day’). Per quanto riguarda la fase ritmica, l’impatto è possente, granitico, pesante: le due Maestre d’ascia fanno sul serio anche quando occorre esplodere un rifferama variegato, lineare, molto compresso nel senso che non c’è nemmeno un secondo di tregua nella sequenza degli accordi prima distorti e poi stoppati dalla tecnica universale del palm-muting (‘The Spirit Lives On’) allo scopo di erogare la massima energia possibile.

Magistrale anche la sezione di spinta, ove agiscono Fami al basso e Haruna alla batteria. Proprio il basso è quello che, forse, si avvicina di più all’ortodossia heavy grazie a un continuo rimbombo che segue e sostiene il meraviglioso lavoro delle sei corde. Formando con esse un grumo compatto dall’enorme peso specifico. Haruna, fra le tutte colei che ha subito più miglioramenti nel corso dei lustri, pesta le pelli come una dannata, proponendo i mid e up-tempo trascinanti tipici del power metal, coagulando il tutto con decisione.

A tal proposito, giova sottolineare che il gruppo prova fisicamente assieme e non tramite file scambiati via internet. Fatica e sudore si sommano per dotare il gruppo stesso di una compattezza davvero eccezionale che, tornando al discorso di cui sopra, esprime i suoi massimi valori proprio dal vivo.

Su tutto, cammina anzi corre la voce di Asami. Una cantante dallo stampo sostanzialmente ortodosso che aggancia le linee vocali su toni alti, a volte altissimi, per interpretare strofe, ponti e, soprattutto chorus (‘Wicked Witch’, ‘Lost in the Garden’). Ecco, qui si rivela uno dei segni caratteristi più importanti ed evidenti della formazione del Paese del Sol Levante: il talento nello scrivere canzoni che siano davvero… canzoni. “Judgement Day” ne contiene dieci. Una più bella dell’altra, esprimendo un aggettivo generico ma assai centrato per dare l’idea dell’esistenza di brani dal ritornello indimenticabile come ‘Victim of Time’, giusto per fare un esempio, in cui si fanno strada più del solito le tastiere Miyako. Il che, ovviamente, non è un male anzi, sino ad arrivare alla clamorosa melodiosità di ‘My Orion’, il cui refrain può prendere tranquillamente il suo posto nella Storia della musica.

Ma non solo ‘Victim of Time’ e ‘My Orion’. Le tracce sono tutte entusiasmanti, ognuna per qualche peculiarità che si differenzia dalle altre, come si può ben intuire da ‘Stand and Deliver (Shoot ‘em Down)’: song cattiva e aggressiva, sostenuta da un coro tipo gang urlato da tutte e cinque le straordinarie protagoniste. Tuttavia, malgrado questo fenomenale carattere, ciascuno degli episodi non sfora lo stile caratteristico dell’act dell’estremo oriente. Uno stile rifinito con sempre più precisione nel durante gli anni, tale da divenire inimitabile. Sia per l’immensa abilità compositiva, sia per la spaventosa destrezza esecutiva. Sia, ultimo ma non ultimo, per la totale professionalità, che si somma al calore del cuore e alla passione trasfuso nel disco.

Bando alla ciance: se si lasciano da parte pregiudizi ormai stantii e superati, e si affronta “Judgement Day” con lo stesso modus operandi impiagato per i gruppi maschili extra-Giappone, si potrà godere di una proposta musicale strepitosa, stupefacente, che lascerà segno nel cuore e nella mente per lunghissimo tempo.

Lovebites? Magico prodigio…

Daniele “dani66” D’Adamo

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