Recensione: Kaldera
Sarebbe affascinante trovare una qualche metrica che permettese di valutare l’ammontare dell’influenza esercitata dai Black Sabbath sulla musica degli ultimi quaranta (abbondanti) anni. Un’influenza capace d’irradiarsi tanto lontano dalla piccola Aston, lungo tutti i paralleli e i meridiani terrestri.
Anche Tampere, in Finlandia, non è esente dal contagio. Da lassù vengono questi Lurk, che con Kaldera giungono al secondo disco, due anni dopo l’esordio. La band suona un doom piuttosto oscuro e quasi per nulla epico, con qualche influsso sludge, che si manifesta più nelle melodie che negli arrangiamenti. La voce è un growling aggressivo ma non particolarmente accentuato, che scade nella monotonia dopo poche canzoni.
Ecco, la monotonia, il gran nemico di molto doom: in Kaldera ha buon gioco nell’avvolgere l’ascoltatore, che davvero fatica a tenere desta l’attenzione. Gli arrangiamenti, i suoni, le melodie, le atmosfere rimangono sostanzialmente le medesime lungo l’intero arco del disco, quasi che si trattasse di una lunghissima suite senza soluzione di continuità alcuna.
Per carità, c’è qualche rallentamento in contrappunto ad altrettante accelerazioni, ci sono arpeggi seguiti da riffoni rotondi che sono (brutte) copie di quanto Toni Iommi ha già suonato infinite volte, ci sono stop & go inattesi quanto la neve invernale a Tampere. Ma nel complesso il risultato è insoddisfacente, proprio a causa della noia, che pare il vero precipitato lasciato da Kaldera.
Se proprio vorrete affrontare i Lurk, almeno tenetevi lontano da pezzi come Ritual e Sag Serene, pasticci indistinti senza una vera ragion d’essere, in cui la band sembra quasi divertirsi a ripetere se stessa nella totale incapacità di arrivare a un dunque.
D’altro canto, potreste anche essere fortunati e incocciare in 6 feet, 6 years, che almeno presenta una melodia dignitosa, in un contesto d’insieme minimamente ragionevole. Egualmente, la title-track mostra una scrittura leggermente sopra la media, con qualche giro di chitarra al limite della dignità e un’atmosfera d’insieme quasi affascinante.
Il resto è un canone ripetitivo, ottimo per dormire sonni profondi.
Tampere non è la città più divertente del mondo. In inverno le temperature arrivano spesso oltre i venti gradi sotto zero; il piatto tipico locale sono delle salsicce nere di sangue di maiale, generalmente servite con crauti o simili; e la lunga via principale non è esattamente il Sunset Strip. I lamenti infiniti dei Lurk non aiuteranno certo a sollevare le sorti locali.
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