Recensione: Kameraden des Todes
Siamo nel 2011, in Germania, nella cittadina di Schlagenhofen (Bavaria) e due ragazzi, Adrian e Stefan decidono di formare gli Eiswerk. Nello stesso anno, i Nostri rilasciano la loro prima demo “Die Ruhe vor dem Sturm” la cui produzione era alquanto sommaria ed al limite della decenza, anche se l’idea di creare un qualcosa di innovativo già si percepiva. Passano due anni e la band rilascia il loro primo EP “Fässerschlächter“. Rispetto al primo lavoro, in “Fässerschlächter” i miglioramenti, sia da un punto di vista compositivo sia nella produzione, sono evidenti. Infine, gli Eiswerk rilasciano nel 2016 il loro primo full length “Kameraden des Todes“ il quale è l’oggetto di questa recensione e passiamo dunque all’analisi.
L’album in questione, sin dai primi secondi lascia alquanto basiti. Sentiamo subito un vociare umano unito ad urla di scimmia, la quale è presente anche nell’artwork, unito a sonorità folk/dance/elettroniche per poi successivamente aprirsi ad un sound più serrato quasi Death. Cosa succede nel giro di un minuto e mezzo? il caos più totale: percepiamo chiaramente il “nosense” dei Nostri. Tutta quest’accozzaglia di suoni, apparentemente sconnessi tra di loro, si potrarranno per tutti i quarantacinque minuti del full length. Il mio consiglio è quello di riascoltare e riascoltare in maniera quasi ossessiva compulsiva tutte le tracce per coglierne tutte le infuenze e sfumature, le quali già possono essere intuite dall’artwork presentato. Artwork, anch’esso, di primo impatto sconnesso. Troveremo disegnati una scimmia, la morte, un goblin e due figure umane, le quali, probabilmente, rappresentano Adrian e Stefan, tutti e cinque alle prese in una partita di carte.
Gli elementi inseriti nell’artwork verranno ripresi nel corso di “Kameraden des Todes”. La scimmia l’abbiamo già accennata, del goblin si parlerà nella traccia numero sei del lotto, intitolata appunto “Green Goblin”, la morte invece è già presente nel titolo del album poichè “Kameraden des Todes” significa compagni della morte. Con quest’ultima affermazione avremo ancor più chiaro l’artwork. Anche chi, come me, mastica poco il tedesco può tranquillamente intuire dalla tracklist che almeno due canzoni parlano di Troll.
Tornando alla musica del lotto in questione, descrivere minuziosamente ciascuna traccia farebbe crescere la barba anche a chi, come la sottoscritta, è sprovvista di attributi maschili.
Si può comunque ribadire che sono presenti moltissimi rimandi al folk, sia musicale sia legato a leggende folkloristiche. Inoltre, diversi sono gli inserimenti di strumenti musicali atipici quali Xilofono Kazoo e pattern computerizzati. “Kameraden des Todes” è un album simpatico, spiazzante, divertente, ben prodotto e curioso.
Si sa, gli Eiswerk di certo non sono una band banale. Sono particolari e non sono immediati sin dal primo ascolto, poichè è necessario premere più e più volte play per cogliere ogni volta sfumature diverse. Se apprezzate l’avantgarde con rimandi a melodie folk ed innesti bizzarri, talvolta quasi nosense, qua e là, gli Eiswerk è il duo che fa per voi. Inoltre, se avete apprezzato il tanto discusso #Yolo dei Finsterforst ed avete apprezzato l’ultima fatica dei Trollfest, probabilmente riuscirete ad apprezzare anche “Kameraden des Todes”.