Recensione: Kapitel I – Må Ljuset Aldrig Nå Oss Mer
I Lekamen Illusionen Kallet, spesso identificati anche solo attraverso l’acronimo LIK, sono un gruppo noto, probabilmente, solo a pochi appassionati. In realtà non si può neanche parlare di “gruppo” in senso stretto, dato che sono una one-man band, un side-project di Graav degli Armagedda.
I LIK sfornarono tre album (di cui questo “Kapitel I – Må Ljuset Aldrig Nå Oss Mer” è il primo) tra il 2003 e il 2008 per poi evolversi nel successivo progetto di Graav, i Lönndom. A distanza di qualche anno la Frostscald Records prova a riproporre questi album, con un nuovo packaging e la diretta supervisione dell’autore, sulla scia della rifondazione del gruppo.
Spesso capita che piccole perle, veri e propri capolavori, finiscano per scomparire nel mare magnum delle pubblicazioni contemporanee. Album che, purtroppo, non riescono a raggiungere quella fama, quella popolarità e, soprattutto, quella diffusione che meriterebbero per la qualità di cui sono portatori.
A volte, non sempre, queste gemme sepolte vengono notate da qualche casa discografica che decide di credere in loro, le disseppellisce, le tira a lucido e le ripropone a chi dovesse essersele perse.
Non è questo il caso.
Altrettanto spesso capita che, per fortuna, album non ispirati, con non molto da dire, se non proprio mediocri, finiscano ignorati e spariscano lasciando ben poca traccia del proprio passaggio. Capita, altresì, che qualche casa editrice noti questi dischi e, per motivi svariati, spesso legati ai nomi dei musicisti coinvolti o perchè erroneamente convinta che tutto ciò che è underground sia automaticamente un capolavoro incompreso, decida di ristamparli in pompa magna.
E’ questo il caso.
Il genere proposto parte dal black per ibridarlo con una serie di altri elementi. La prima traccia “Pest Och Pina” è piuttosto rappresentativa del risultato finale. L’atmosfera che si vuole ottenere è indubbiamente black, così come l’uso delle chitarre, spesso ridondanti e ossessive nel ripetere a lungo lo stesso riff. Il suono stesso delle sei corde, però, è molto più pulito e meno distorto di quanto ci si aspetterebbe, e strizza piuttosto l’occhio al rock degli anni ’60. La voce è bassa e greve, ma sempre pulita, tutt’al più sussurrata (come in altri pezzi successivi), ma mai in scream o growl. Qui e là fa anche capolino qualche rimando folk, ma son elementi appena accennati che non incidono profondamente sul sound generale della band.
L’impressione è che si vorrebbero seguire le orme di gruppi come gli Alcest o, in generale, la nouvelle vague francese del black mutuato con lo shoegaze. La differenza, però, è evidente. Là vi è la capacità di creare le atmosfere, le giuste melodie in grado di proiettare l’ascoltatore in uno stato malinconico a cui poi la voce dà ulteriore profondità e coinvolgimento. Nel caso dei LIK, invece, sembra che l’unica idea a disposizione per creare atmosfera sia il numero di ripetizioni di uno stesso riff.
Non che sia tutto da buttare, qualche intuizione è anche possibile rintracciarla se si fa passare attentamente tutta la scaletta, ma si ha spesso l’impressione di avere a che fare con un lavoro improbo, quasi il famigerato ago nel pagliaio. Meglio allora dedicarsi ad ascolti, per certi versi, più semplici in cui la classe è subito e facilmente riconoscibile.
Per concludere “Må Ljuset Aldrig Nå Oss Mer”, primo album dei Lekamen Illusionen Kallet, side-project solista di Grav degli Armagedda, torna sugli scaffali grazie all’opera di recupero della Frostscald Records. Una riproposta di cui, però, non si sentiva poi tutto questo bisogno. I successivi “Kapitel II – Besvärtade Strofer” e “Kapitel III” risultano anche peggiori, ma vi è certamente anche di meglio tra i dischi perduti e dimenticati tra cui si sarebbe potuto pescare.
Tracklist:
01 Pest Och Pina
02 Hate to Be Human
03 Djupa Sinn
04 Guds Förlorade Skapelser
05 Evig Natt
06 Namnlös
07 Bortom Allt Liv
Alex “Engash-Krul” Calvi