Recensione: Keep It Alive
A 23 anni (sic!) dalla fondazione della band, gli ateniesi Profound Sleep arrivano finalmente all’album di debutto. I greci suonano una mistura di stoner, heavy rock e grunge, i cui modelli principali sono i Monster Magnet, i Nebula e qualcosa che sta tra gli Alice In Chains e i Pearl Jam. Questi ultimi, in particolare, sono richiamati dalla timbrica della voce di Yiannis, che ricorda (con le dovute proporzioni) quella di Eddie Vedder. Qui e là fanno capolino anche i grandi Motorhead, più per attitudine che per reale somiglianza musicale.
Sapete cosa aspettarvi: riffoni caldi e rotondi, pezzi dala struttura irregolare e moltissimo groove.
La musica proposta dalla band non fa mistero di se stessa, con la conseguenza che Keep It Alive potrà piacere agli estimatori del genere e risulterà piuttosto insignificante, se non indigesto, a tutti gli altri.
Solo sei pezzi, non troppo lunghi, compongono l’album, presentando sì una certa varietà, ma incapace di scacciare il demone della noia nell’ascolto, sempre all’erta quando si tratta di talune sonorità.
Se l’opener Ride With Me ricalca fedelmente il canone del genere e riesce ad uscire dall’anonimato solo grazie a un bel ritornello, I’ve Been Around risulta più riuscita incrociando sapientemente eco di Motorhead con un cadenzato groove chiaramente heavy rock.
Judge Me richiama fin troppo i pezzi veloci dei Pearl Jam e, pur piacevole, non coglie nel segno.
No Prison fa molto anni novanta, ricordando certi momenti dei Saigon Kick e qualche triste camicia di flanella a quadretti. Niente di che.
Si respira aria di sciallo postadolescenziale anche in I Care, che assomma ancora una volta grunge e post heavy rock. Trascurabile.
Infine, Keep It Alive ribadisce il verbo con una certa veemenza. Ma ormai l’ascoltatore si è addormentato.
Per essere il risultato di una gestazione durata più di due decenni, Keep It Alive non è un granché, limitandosi a ripetere strade già battute (molto meglio) da altri. Il genere proposto, inoltre, non solo è datato ma suona terribilmente datato, ponendo il disco fuori dallo stato dell’arte e non permettendogli di raggiungere la sufficienza.