Recensione: Kill Mankind

Di Daniele D'Adamo - 8 Novembre 2012 - 0:00
Kill Mankind
Band: Drawing Dead
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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72

Se si vuole descrivere in modo assai elementare la musica dei Drawing Dead, basta prendere i Fear Factory e miscelarne il relativo cyber death metal, per due terzi, al groove metal post-Caos A.D. dei Sepultura. Certamente si tratta di una semplificazione brutale che non rende merito alla bontà artistica della proposta dei veneti ma, a volte, poche parole rendono di più l’idea che un romanzo intero.

Comunque sia il progetto Drawing Dead, nato con il moniker I.F. (Infinite Fall) nel 2009 grazie a unidea di Martino (chitarra), Marco (voce) ed Emanuele (basso), ha – oltre alle assonanze con i due mega-gruppi appena menzionati – una sua ben definita identità e un suo valore che, dopo un demo “Kill Mankind”, hanno condotto, nel giugno di quest’anno, all’uscita di questo omonimo full-length, rigorosamente autoprodotto.

Autoprodotto molto bene, con un taglio professionale che involve sia il suono, possente e pulito, sia il confezionamento del CD, comprendente un booklet completo anche dei testi; scritti quasi tutti da Martino e riguardanti temi personali nonché fatti di cronaca. Le musiche sono scritte anch’esse da Martino tenuto pure conto del contributo di Skeja che, dopo l’uscita di “Kill Mankind”, ha abbandonato la band dando spazio a un secondo chitarrista (Stefano).

Il concetto di base che muove il combo di Padova è di unire l’aggressività del death e del thrash alla visionarietà dell’ambient. Come si sa non è un’invenzione originale, questa, ma c’è da rimarcare che i Nostri la rielaborano in modo piuttosto personale. Non dando spazio, per esempio, alle melodie accattivanti insite nei ritornelli cantati da Burton C. Bell. O, anche, utilizzando la musica elettronica per alimentare un mood tetro e claustrofobico – che ricorda a volte certi lavori dei Tangerine Dream o di Jean-Michel Jarre – , lontano dalle atmosfere di ampio respiro tipiche, sempre per esempio, di act come i Blood Stain Child. Nell’incedere ritmico, dettato in primis dal drumming di Pigosso, pertanto, si può affermare che prevalga l’approccio meccanico à la Raymond Herrera. Così come nella costruzione dei durissimi riff di chitarra. Nelle linee vocali, invece, si può trovare più affinità al modus operandi di Max Cavalera.        

Il risultato finale, comunque, è sicuramente interessante poiché appare manifesta, lungo “Kill Mankind”, una notevole continuità dello stile e una rigorosa coerenza ai dettami di base dello stile medesimo. L’alternanza fra canzoni ‘tradizionali’ e intermezzi ambient, anche qui già sentita, è in ogni caso piacevole: oltre a inserire l’ascoltatore nel  mondo industriale di Martino e compagni, consente di assorbire con più facilità autentiche mazzate sulla schiena come “Holy Sawdust” e “Tec-9”. Buoni, nondimeno, gli approfondimenti sonori presenti negli ipnotici mid-tempo di “Falling In The Abyss” e “The Endless Shockwave”.   

Prima prova ben più che sufficiente, quindi, per i Drawing Dead. “Kill Mankind” ha una durata limitata che dipende, ovviamente, dai mezzi a disposizione ma, senza dubbio, rivela una gran voglia di fare, una serietà e una preparazione già evolute. L’ispirazione, pur acerba e quindi ancorata ad altre realtà similari, c’è. La tecnica, anche. La determinazione, pure. Non rimane che proseguire sulla strada intrapresa, allora.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. Intro: The Infinite Fall 2:10     
2. Holy Sawdust 3:41     
3. Natural Selection 0:27     
4. Tec-9 2:21     
5. Landing On Another World 1:18     
6. Falling In The Abyss 6:08     
7. The Endless Storm 2:14     
8. The Endless Shockwave 4:16
9. Sirius (Alpha Canis Majoris) 3:05
    
Durata 25 min.

Formazione:
Marco – Voce
Martino – Chitarra/Tastiere
Emanuele – Basso/Voce
Pigosso – Batteria
Skeja – Tastiere
 

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