Recensione: Kill The Witch
Gli statunitensi Arch Blade sono nati nel 2019 da un’idea di Robert e Rob Villarreal, padre e figlio, entrambi chitarristi, ai quali si sono uniti Nigel Caicedo al basso, Denys Podmazko, originario dell’Ucraina, alla voce e Al “Mayhem” Mendez alla batteria, quest’ultimo Live Musician dei ferocissimi Dark Angel nel 2002 (per cui appena riformati, direi …).
‘Kill The Witch’ è l’album con cui debuttano, disponibile dal 28 luglio 2023 via Rockshots Records e preceduto da una copiosa manciata di singoli.
Possiamo “catalogare” gli Arch Blade come appartenenti alla New Wave of Traditional Heavy Metal (NWOTHM), movimento che ha preso corpo intorno alla metà degli anni 2000 con band quali Enforcer, Steelwing e White Wizzard, tra le tante, e volto ad abbracciare le sonorità di anni ’80 ed inizio ’90.
Più specificatamente, il loro è un Heavy Metal dai forti connotati US power con influenze di Metal Church, Helstar e Riot, pure debitore nei confronti di Judas Priest e della NWOBHM in generale ed anche portato a vibranti accelerazioni che lo proiettano nel territorio dello Speed.
Per cui un sound versatile ed energico il cui schema è colpire chi ascolta con fiondate assassine per poi farlo saltare con refrain epici ed orecchiabili, utilizzando un muro sonoro non troppo compatto, prodotto senza tante stratificazioni o sovraincisioni e dalla sfumatura piacevolmente live.
‘Kill The Witch’ svela dieci canzoni dai tratti classici, con giusto qualche raro passaggio relativamente più moderno nella Title-Track che far intendere che è stato scritto ora e non quarant’anni fa.
C’è un po’ tutto quello che ci si aspetta da un lavoro di questo tipo: chitarre da manuale, con tanti riff a cascata, incroci melodici, Twin Guitars e duelli solisti che piovono da tutte le parti e che evidenziano le differenze di stile tra le asce, sezione ritmica con buona coesione tra basso e batteria, rocambolesca, incisiva ed agguerrita (d’altronde, non possiamo pensare che un drummer in grado di sostituire Gene Hoglan usi le spazzole) ed una voce teatrale, che riesce ad essere agevolmente tanto prepotente quanto epico, a parere di chi scrive portato a seguire la strada di Mike Howe (RIP) e James Rivera degli Helstar ma relativamente meno duttile quando vuole essere graffiante.
Come dinamica, agli Arch Blade piacciono i tiri veloci, come dimostrano ‘Abduction’, ‘Tyrant Rhapsody’ (quest’ultimo mette in luce delle linee di Twin Guitar che potrebbero stare benissimo in un qualsiasi album dei Satan) e l’ottima ‘Under The Mask’, ma ricercano anche la complicità dei fans con pezzi più orecchiabili, come ‘Nightbreed’, od attraverso prepotenti cori anthemici, come in ‘Kill The Witch’ e nella potente ‘Break The Silence’.
Non mancano la ballad con ‘House of Dreams’, che spezza un po’ gli animi con la sua dura malinconia, ed un qualcosa di più allegro con ‘Factory of Sin’ e la sua melodia più commercialotta.
C’è anche la canzone “mal riuscita”: ‘Touched By Death’ non si riesce a portare in fondo, ma ci può stare.
Concludendo, non importa se gli Arch Blade suonano un Heavy Metal che, probabilmente, ascoltava già il serpente tentatore dell’Eden. ‘Kill The Witch’ è semplicemente un bell’album, di quelli che ti prendono facendoti venir voglia di lanciarti sotto un palco. La strada intrapresa è indubbiamente quella giusta, attendiamo il prossimo lavoro. Molto bravi!