Recensione: Killing For Glory
Killing for Glory costituisce l’esordio discografico dei siciliani Noble Savage che, dopo essersi costituiti nel 1999, sfornano due demo, rispettivamente nel 2000 e nel 2002. Nel 2003 firmano per la sempre attenta Underground Symphony e incidono il disco oggetto della recensione. Non è dato sapere perché debbano passare ben quattro anni affinché il prodotto esca sul mercato ma questa, in breve sintesi, è come è andata la storia.
I Nostri, comunque, non rimangono con le chitarre in mano e negli anni si tolgono parecchie soddisfazioni suonando dal vivo: fianco a fianco con i Vision Divine di Olaf Thorsen e facendo nientemeno che da headliner al Temple of Power Metal Fest. La line-up che ha sfornato Killing For Glory prevede: Riccardo Liberti al basso, Riccardo Cascone alla batteria, Giuseppe Seminara e Luca Campione alle due chitarre e, last but not least, Alfonso Giordano al microfono. Attualmente, invece i Noble Savage annoverano Valentino Valenti alla voce e Alfio Quaceci dietro le pelli.
Killing for Glory è degno del sontuoso titolo che porta a partire dal booklet, davvero molto curato ed elegante, con le foto dei cinque componenti poste a metà. La confezione, come sempre ottimamente allestita dalla Undergound Symphony in versione digipack, vede una copertina perfettamente in linea con il genere, senza tentare chissà cosa di innovativo come spesso accade in altre occasioni, con risultati altalenanti.
Il disco si apre con Lady of the Snows che è epica quanto basta, cadenzata, con chitarroni in bella evidenza e pathos da vendere. Si passa poi da attacchi frontali come Wind of Victory, veloce, con coro a la Hammerfall e Shadow of the Night (non oso pensare come sarebbe venuta con uno come Morby alla voce) a pezzi d’atmosfera alla maniera di Seasons of Lies, il lento del lotto, molto ben concepito e toccante, l’episodio dove il cantante dà il meglio del proprio repertorio, non a caso…
I Noble Savage non disdegnano ammiccamenti ai Rhapsody of Fire (The Empire) mentre in Time to Kill la vicinanza ai compatrioti Domine è evidente così come in Black Blade (ottimo il trasognato arpeggio centrale). Noble of the Sea è Iron Maiden al 100%, We’ll never Die è ordinaria e nulla più e l’album si chiude degnamente con Dreaming, la cover del brano degli Heavy Load presente all’interno di Stronger than Evil, interpretata dai Nostri in maniera sufficientemente personale.
A conti fatti l’unico problema di Killing for Glory è il cantato, che spesso non riesce ad essere all’altezza della sfarzosa e ben suonata parte musicale: d’altronde in un genere come l’epic/classic a questi livelli chi sta dietro al microfono deve essere in un certa misura un fuoriclasse. Alfonso Giordano è tutt’altro che un’interprete da buttare, la sua attitudine però non è propriamente adatta al contesto di un siffatto songwriting, di caratura internazionale.
Fa piacere che da una band italiana che ha avuto l’ardire di chiamarsi come uno dei gloriosi album degli invincibili Virgin Steele di David DeFeis fuoriesca una dose di dignitoso e robusto HM, come in questo caso.
Stefano “Steven Rich” Ricetti