Recensione: Killing Is My Business … And Business Is Good: The Final Kill

Di Andrea Bacigalupo - 4 Ottobre 2019 - 21:29
Killing Is My Business … And Business Is Good: The Final Kill
Band: Megadeth
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2018
Nazione:
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Sono stato favorevole alla fuoriuscita di Dave Mustaine dai Metallica fin da quando ho ascoltato ‘Killing Is My Business … And Business is Good’, non perché m’importasse di come venisse descritto il musicista: irascibile, egocentrico, testa di legno e facile all’incazzatura, tanto da non riuscire mai ad integrarsi con il resto del gruppo. Praticamente un diavolo in mezzo a delle ‘acque sante’ o un lupo famelico tra le ‘pecorelle’, per via della sua forte inclinazione a comandare, che lo faceva entrare in contrasto con James e Lars, più propensi  al gioco squadra (anche se, al momento di incidere ‘Kill ‘Em All’, ci misero un niente ad estromettere dal ‘gioco’ Ron McGovney in favore del talentuoso Cliff Burton).

Quanto sopra può dirsi il sunto di quello che si diceva su di lui già all’epoca di ‘No Life ‘Till Leather’, il demo dei Metallica registrato nel 1982.

Finiamola lì, non inaspriamo ulteriormente le polemiche che sono durate anni, risultando, alla fine, una buona pubblicità per entrambe le band (parlatene pure male … basta che ne parliate …). Quello che importa non sono le liti, le ripicche, l’estrema competizione o gli episodi maniacali che riportavano fanzines e riviste, (… Mustaine che smette di suonare perché si rompe una corda della sua chitarra, Mustaine che ha rotto le gambe ad un roadie che aveva sbagliato il suo lavoro …) ma la musica, ed è ineccepibile che molti dei primi brani (ed anche alcuni dei successivi) dei Metallica portano la sua firma. E’ sua la chitarra solista sul già citato ‘No Life ‘Till Leather’ e sono virtualmente suoi la maggior parte degli assoli ripresi praticamente ‘nota per nota’ su ‘Kill ‘Em All’ dal suo sostituto Kirk Hammett.

In definitiva l’evoluzione del Metal che ha portato al Thrash è partita si dal lavoro dei Metallica, ma da quello la cui formazione comprendeva Dave Mustaine.

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Quella che sembra l’ennesima critica nei confronti del Quartetto di Frisco nella realtà evidenzia unicamente che, all’epoca, il rosso chitarrista sarà stato si tremendamente egocentrico ma, prima di tutto, si dimostrava un genio della musica, la cui arte andava semplicemente in un’altra direzione rispetto a quella di Hetfield ed Ulrich. La separazione era quindi l’unica strada percorribile, una questione di sopravvivenza.

Il poco più che vent’enne Mustaine non era solo talentuoso, ma anche preciso e perfezionista. Dopo la defezione dai Metallica non mise su un gruppo in quattro e quattr’otto per contrastarli o per incidere il prima possibile. Si prese il suo tempo, scegliendo con cura i musicisti di cui aveva bisogno.

Furono più d’uno ad essere vagliati, anche di buon calibro, come Kerry King degli Slayer, che se ne andò per litigi, o Lee Rausch, che lasciò per entrare nei Dark Angel.

Solo nel 1984 Dave Mustaine si convinse delle proprie scelte e costituì i suoi Megadeth con David Ellefson al basso, Gar Samuelson (1958 – 1999) alla batteria e Chris Poland alla chitarra, questi ultimi due provenienti dalla scena jazz-fusion. Con tale formazione incise l’album d’esordo: ‘Killing Is My Business… and Business Is Good!’, uscito a metà del 1985 via Combat Records ed al quale seguirono successi come la tripletta ‘Peace Sells … But Who’s Buying’, ‘So Far so Good … So What’ e ‘Rust in Piece’, il primo senza puntini nel titolo.

Megadeth

Non era un periodo facile per emergere, l’aria era satura di Thrash, nel 1985, ed il platter fu messo a confronto con altre uscite parecchio detonanti, quali, a titolo di esempio, ‘Spreading the Disease’ degli Anthrax, ‘Bonded By Blood’ degli Exodus e ‘Feel the Fire’ degli Overkill. Inoltre era limitato dalla sua pessima produzione: grezza, sporca, superficiale ed ovattata, non esprimeva la capacità tecnica che i Megadeth dimostravano sui palchi.

Eppure, nonostante tutti questi difetti, l’essenza, l’anima dei Megadeth venne recepita lo stesso: il sound tecnico, deciso, originale, intriso di rabbia e cattiveria ma anche raffinato e proiettato in avanti raccolse il favore del pubblico.

Megadeth Killing is my Business Vinyl

Per cui quest’album doveva essere masterizzato nuovamente, per metterne in luce i pregi che, con la prima registrazione, erano stati quasi soffocati. Questo passo fu fatto una prima volta nel 2002 e poi di nuovo nel 2018, in occasione del trentacinquennale della band, dando vita a ‘Killing Is My Business … And Business Is Good: The Final Kill’.

Nella nuova edizione i suoni sono bilanciati, puliti, ben distinguibili e freschi; tutto si ascolta meglio: è stata resa giustizia a ‘Last Rites/Love to Death’, alla title track, ed alle tracce seguenti, restituite con tutta la loro vera carica, evidenziando il grande lavoro fatto dai quattro giovani musicisti. Questa volta diventa più difficile stabilire se sia meglio ‘The Mechanix’ o ‘The Four Horseman’ (per chi, eventualmente, non lo sapesse ‘The Mechanics’ era inserita in ‘No Life ‘Till Leather’; successivamente all’uscita di Mustaine, i Metallica la chiamarono ‘The Four Horsemen’, modificandone il testo e parte della musica, e la inclusero in ‘Kill ‘Em All’. Dave volle comunque incidere, per l’album d’esordio, una versione praticamente uguale all’originale del pezzo, chiamandolo ‘The Mechanix’).

Si apprezza il suono di entrambe le chitarre, tagliente ed incisivo, si riconosce quanto lavoro abbia fatto Ellefson con il suo basso per creare un muro sonoro unico e compatto e si sente tutta la versatilità di Samuelson dietro le pelli.

Anche la voce di Dave esce più pulita e più vera. Insomma, non viene stravolta l’anima del disco, quella, come già asserito, usciva già nella prima edizione. E’ una questione di una migliore percezione della tecnica messa a servizio delle idee, ed è questo che da valore a questa nuova edizione che merita di essere ascoltata.

Non si vuole tediare i lettori con una descrizione puntuale di tutti i brani. Per questa si rimanda alla recensione presente sulle pagine del sito, concernente la versione del 2002.

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Si pone evidenza solo su ‘These Boots’, cover del brano pop registrato nel 1965 da Nancy Sinatra (figlia del grande Frank) e cantato dalle truppe americane durante le marce nella guerra del Vietnam, perché diversa dalla versione presente nella prima edizione di ‘Killing Is My Business … And Business Is Good’.

Nel 1985 l’intenzione di Dave era quello di eseguirne più che altro una parodia, modificando il testo con espliciti riferimenti sessuali.

Citando la prima strofa:

Originale:

‘You keep saying you got something for me
Something you call love but confess
You’ve been a’messin’ where you shouldn’t ‘ve been a’messin’
And now someone else is getting all your best’

Rivisitazione di Mustaine:

‘You keep saying you got something for me

Something you call love, but I call sex

You’ve been kissing when you ought-to-be-a-screwing

And now someone else can kiss your ass’

L’uso volgare della canzone fece imbestialire l’autore Lee Hazlewood (o gli fece vedere la possibilità di guadagnare qualche soldo con una bella causa, chissà …), che riuscì a far censurare il testo modificato.

Per questo alcune ristampe di ‘Killing Is My Business … And Business Is Good’ sono prive della traccia, mentre nell’edizione rimasterizzata del 2002 il pezzo c’è ma le parole volgari sono state sostituite con dei beep (che soluzione terribile!!). Con la nuova edizione del 2018 il brano è cantato con il testo originale del 1965, accontentando un po’ tutti. 

Oltre alle otto tracce dell’album l’ultima edizione contiene alcuni estratti live estrapolati da diversi concerti eseguiti dai Megadeth tra il 1986 ed il 1990. Sono sempre pezzi derivati dall’album di esordio e, pur se registrati in modo grezzo, danno una buona idea dell’alta carica del combo.

E’ inoltre riportata la versione rimasterizzata del primo demo ‘Last Rites’, giusto per confezionare un pacchetto completo rendendolo adatto per chi i Megadeth li deve ancora conoscere.

Infine, tornando alle emozioni, è giusto dire che, per coloro che hanno ascoltato ‘Killing …’ alla sua uscita nell’85 o giù di lì, la nuova versione rimasterizzata, pur se si sente molto meglio, non ne provoca di nuove. Ma questo è dovuto alla particolarità di quegli anni, quando dischi del genere colpivano al cuore per la loro originalità e determinazione, tanto da passare sopra i problemi delle registrazioni superficiali. Ci sarà più di un Thrasher che continuerà a preferire l’originale a qualsiasi riedizione modificata, ma è anche giusto riconoscere pienamente il grande lavoro tecnico fatto da questi allora giovani musicisti e ciò è stato reso possibile con la pubblicazione di ‘Killing Is My Business … And Business Is Good: The Final Kill’. Non possiamo che concludere augurando un buon ascolto.

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