Recensione: Killing is my Business… And the Business is Good!
Dave Mustaine è un personaggio abbastanza controverso. Per alcuni è semplicemente un genio, per altri un personaggio detestabile come persona. Per sua fortuna questi due giudizi “tranchant” lo hanno reso famoso nel corso degli anni fino ad occupare un posto di primo piano nell’olimpo degli intoccabili del metal in generale e dello speed/thrash metal in particolare. I Megadeth, la sua creatura, in sostanza non hanno fatto altro che assecondare, ovviamente a seconda dei punti di vista, l’una o l’altra qualità di questo musicista, rendendolo particolare oggetto di discussione nel panorama metallico di questo ultimo ventennio. La storia di Mustaine la conoscono più o meno tutti gli appassionati di heavy metal, dai suoi esordi con i Metallica fino ai giorni nostri come redivivo solista. I dissidi con i Metallica stessi, databili intorno alla seconda metà del 1983 e proprio alla vigilia del debutto discografico del combo californiano, possono essere considerati in qualche modo la fortuna di Dave stesso, il quale, dopo un periodo difficile causato dai suoi costanti problemi di soldi e di droga, riuscirà nel 1985 a sfornare il suo primo disco con una band tutta sua.
L’immagine di rabbia, sregolatezza, disperazione e voglia di rivalsa conto tutto e tutti è quella che per forza di cose balza alla mente all’ascolto di questo “Killing is my business… and business is good!”. Sotto il profilo tecnico il disco non raggiunge le punte elevate dei seguenti album, ma in quanto a potenza ed originalità questo debutto ci regala più di un momento azzeccato. Un intro per pianoforte molto cupa, quasi teatrale ed accattivante, ci introduce a “Last Rites… Loved to death”, un brano molto potente, devastante e giocato su pochi riffs taglienti come un rasoio. La voce di Mustaine è graffiante e “allucinata” e la batteria segna continui cambi di tempo risultando particolarmente interessante. In sostanza una buona opener che ha il solo difetto di non aver un suo momento centrale e catalizzatore dell’intero senso della song. Con la title track assistiamo ad un evidente cambio d’atmosfera, con un riff supportato da una batteria dal ritmo non veloce ma abbastanza sostenuto, che lascia spazio ad improvvisi cambi di tempo, in un gioco di “stop-and-go” ben orchestrati. Il cantato è cattivo, perfido e si adatta abbastanza bene all’atmosfera in parte cupa e in parte violenta creata dal pezzo. La title track inoltre chiarisce bene l’idea di che pasta siano fatti i musicisti che suonano in questo disco, che eseguono le loro parti in perfetta sintonia l’uno con l’altro. Non sono presenti assoli in questo brano, ma il pezzo sembra non risentirne la mancanza. Una specie di assolo di chitarra, brevissimo… un grido potente di Mustaine e il gioco è fatto: “The skull beneath the skin”. Track ben confezionata, costruita su di un riff portante coinvolgente, cupo, aggressivo e che non stanca mai. Uno degli episodi più interessanti del disco a parere del sottoscritto, in cui si può notare un embrione di un certo stile che verrà poi meglio approfondito nei dischi seguenti dal combo americano. Con il pezzo seguente, la bella “Rattlehead”, abbiamo la prova delle doti compositive dell’ex Metallica, che ci regala momenti davvero esaltanti con una sequela di riffs sparati a forte velocità, sostenuti da una sezione ritmica più che discreta. Il brano scorre che è una meraviglia e contiene un bell’assolo, insomma possiamo dire che in esso ci sia, in toto, il Megadeth-sound. “Chosen Ones” non fa altro che arricchire il disco di un’altra prova della bravura del quartetto, abilissimo nel creare un amalgama tra i singoli membri, quasi suonassero un unico strumento. Il pezzo è tiratissimo, non lascia respiro ma lo ascolti senza stancarti. “Looking Down the cross”, sesta song di Killing, ha un’ intro particolarmente oscura, nella quale Mustaine dà una buona prova delle sue prestazioni sia compositive che interpretative. L’assolo impreziosisce una canzone che scorre abbastanza bene lungo tempi medi, alternati a leggere accelerazioni dai riffs mai piatti e ripetitivi. Come detto sopra, questo primo lavoro dei Megadeth risente notevolmente della voglia di rivalsa di Mustaine nei confronti dei Metallica; e quale modo migliore se non quello di reinterpretare un proprio vecchio cavallo di battaglia scritto proprio con i Four Horsemen? Con “The Mechanix” il gioco è fatto. Eccezzion fatta per la parte introduttiva, il pezzo è identico alla famosissima “The Four Horsemen”, ma presenta delle parti rapide maggiormente accentuate.
Killing is my Buisness si chiude con l’unico brano non composto da Mustaine:si tratta di “These Boots”, pezzo che si ispira alla canzone di Nancy Sinatra (appunto “These Boots are made for walking”) e che ha avuto una travagliata storia, soprattutto per quanto riguarda la sua introduzione nella tracklist dell’album. Infatti la casa discografica censurò, pochi mesi dopo, le parole della canzone, perchè ritenute troppo offensive, e si dovette aspettare il 1996 per avere il reinserimento della track nell’album, ma con nuove liriche e un titolo diverso dall’originale. Il pezzo è molto piacevole e chiude dignitosamente il più che buon disco d’esordio della band. Da segnalare anche la versione rimasterizzata del disco, che contiene le bonus track rappresentanti le versioni demo di “Mechanix”, “Last Rites/Loved To Death” e “The Skull beneath the skin”.
1. Last Rites/Loved to Death
2. Killing is My Business…And Business Is Good
3. The Skull Beneath the Skin
4. Rattlehead
5. Chosen Ones
6. Looking Down the Cross
7. Mechanix
8. These Boots
bonus tracks:
9. Last Rites/Loved to Deth (Unreleased Original 1984 Demo)
10. Mechanix (Unreleased Original 1984 Demo)
11. The Skull Beneath the Skin (Unreleased Original 1984 Demo)
Line UP:
Dave Mustaine (vocals, guitar, piano); Chris Poland (guitar); David Ellefson (bass, background vocals); Gar Samuelson (drums, timpani).