Recensione: Killing Technology
Il 1987 rappresenta un grande anno per i Voivod, band la cui musica irripetibile è da sempre fonte di grande ispirazione per tutti i musicisti dediti al metal e non solo. Dopo l’acido esordio “War And Pain” del 1984 e il controverso “Rrröööaaarrr”, uscito nel 1986, i canadesi, che già fino a quel momento avevano dato idea d’esser grandi e vincenti sperimentatori, donano ai loro fan il primo capolavoro della carriera: “Killing Technology”.
Se dovessi consigliare a qualcuno della musica che non conosce, farei di tutto per capire in che momento emotivo si trova. Probabilmente, per azzeccare la ‘consulenza’, gli chiederei: «che umore hai in questo momento? Hai bisogno di ascoltare qualcosa che ti scateni rabbia? Vuoi qualcosa che ti faccia sognare come tutti i fidanzatini che se ne stanno mano nella mano in un pomeriggio primaverile? Oppure vuoi un accompagnamento alle dieci birre che vedo là, sul tuo tavolo?». E via discorrendo… ma, nel caso dei Voivod, mi riesce davvero difficile trovare una domanda calzante.
Questa loro musica è tanto irriverente quanto devota, tanto grezza quanto raffinata, tanto rozza e temeraria quanto sofisticata. È uno stile talmente personale che si ama o si odia e non è per tutti. In “Killing Technology” il punk si sposa con la sperimentazione così come l’eleganza alla psichedelia, per un risultante riffing ossessivo, acido e disturbante. L’insolente cantato di Denis Bélanger dà voce alle asprigne espressività partorite dal genio del compianto Denis “Piggy” D’Amour al cui supporto ritmico presiede un estroso come Jean-Yves Thériault. Quest’ultimo, assieme ad Michel “Away” Langevin (anche autore dell’esclusiva scrittura dei testi e dei distintivi artwork), mette in moto gli extra-ordinari concetti di un sound apocalittico, costantemente ricamato da intrecci chitarristici brillanti e da soli in grado di colorare ogni composizione d’un brillante senza pari.
Accostati a tutto ciò, ecco pulsare i cambi di ritmo, il susseguirsi delle creatività, gli stacchi, le accelerazioni, i rallentamenti, le aperture armoniche allucinate.
Sebbene tutto questo appaia come pura confusione, l’operato integrato di questi quattro è quanto di più schizoide si potesse raccogliere dalla strada del metal; una strada che in quei momenti storici vedeva l’esplosione del thrash metal, dell’hardcore, del crossover cui il punk più estremo si accostava come la tessera contigua di un puzzle. Questo modo di comporre ha permesso ai quattro del Quebec di estraniarsi socialmente, proiettare musica e contenuti lirici a livelli inverosimili senza mai e poi mai svincolarsi dalla musica, sempre endemica e di definita impronta stradaiola.
Quanto sembra stonare tutto questo?… molto, è vero!… però provatelo, perché vi potrà aiutare a comprendere un sacco di musica attuale nonché di stili: da quel che viene definito thrash-core, allo sludge, fino alle estreme frontiere del sound più dirompente che possiate conoscere. In tutto quello che spopola il metal moderno un po’ più tirato, c’è ‘del Killing Technology’.
Un gruppo di ragazzi, al tempo sottovalutati, cui ora è intellettualmente onesto riconoscere l’incommensurabile valore artistico. Attraverso opere immortali come “Killing Technology” e i successivi (perlomeno fino a “The Outer Limits”, uscito nel 1993), i Voivod hanno lasciato un segno indelebile sull’irregolare pentagramma della musica. Chi, come loro, era in grado di vedere così lontano?
Cosmicamente lungimiranti.
Nicola Furlan
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Track-list:
1. Killing Technology 7:33
2. Overreaction 4:45
3. Tornado 6:02
4. Forgotten In Space 6:10
5. Ravenous Medicine 4:23
6. Order Of The Blackguards 4:28
7. This Is Not An Exercise 6:18
All tracks 40 min. ca.
Line-up:
Denis Bélanger – Voce
Denis D’Amour – Chitarra
Jean-Yves Thériault – Basso
Michel Langevin – Batteria