Recensione: King Among Scotland
Tra i capostipiti del Thrash, gli Anthrax devono il loro successo non solo ad uno stile musicale inconfondibile, violento ma non feroce, duro ma non cupo, ma anche al loro atteggiamento sul palco che è andato mutando pian piano nel tempo, passando dal classico jeans e chiodo, di scuola Judas Priest, a pantaloncini corti, maglietta e capellino dimostrando di non prendersi troppo sul serio pur suonando musica con tematiche anche serissime.
Atteggiamento che fanno vedere ancora oggi, pur non essendo più giovincelli, riuscendo a nascondere qualche piccola mancanza dovuta all’età grazie ad un’infinita esperienza.
La grinta e la passione ci sono ancora come nei primi anni ’80 e questo lo dimostrano nel loro ultimo ‘King Among Scotland’, registrazione del concerto tenutosi il 15 febbraio 2017 alla Barrowland Ballroom di Glasgow e pubblicato il 27 aprile 2018 via Nuclear Blast, sia in formato CD che DVD.
La ‘scaletta’ è da brivido, anche se esclude dal repertorio i brani registrati nei periodi di assenza di Joey Belladonna (per cui non c’è nulla né dall’album d’esordio ‘Fistful of Metal’ del 1984, nel quale cantava Neil Turbin, né dagli album del periodo dal 1993 al 2004, dove la voce era di John Bush proveniente dagli Armored Saints). Non sono state inserite tracce neanche da ‘Persistence of Time’, album del 1990.
Lasciando stare la descrizione dei brani presenti in ‘King Among Scotland’, tutti più che conosciuti, quella che conta è la grande emozione che la loro esibizione trasmette: la partenza del concerto è affidata ad ‘A.I.R.’ e ‘Madhouse’, tratte entrambe da ‘Spreading the Disease’, secondo album che li consacrò al successo e pietra miliare del 1985. Come dire: si inizia dal principio.
Dopo questi due capolavori, il combo ci riporta al presente con ‘Evil Twins’, brano tratto dall’ultimo lavoro in studio ‘For All Kings’, per poi riportarci nel passato con un’ottima versione di ‘Medusa’, nuovamente da ‘Spreading the Diesease’ e poi nuovamente a periodi più attuali con ‘Blood Eagle Wings’, da ‘For All Kings’ e ‘Fight ‘Em ‘Til You Can’t’, quest’ultima tratta dal penultimo lavoro ‘Workship Music’ del 2011, che ha sancito il ritorno definitivo di Joey Belladonna, anche se già si sospettava avendo cantato nel precedente tour con i Metallica, Slayer e Megadeth. Poi si torna nuovamente indietro, con ‘Be All, End All’ da ‘State of Euphoria’, altro grande album del 1988 e ‘Breathin Lighting’ ancora ad ‘For All Kings’.
Insomma, per i primi otto brani gli Anthrax ci tengono a far sapere che non è cambiato niente, che il cuore che batteva nel 1980 è ancora lo stesso di oggi (con l’eccezione di qualche sostituzione, temporanea o definitiva che sia) e che i brani da loro composti in trentacinque anni possono essere tranquillamente inseriti oggi in scaletta senza badare alla loro età.
Dal nono al diciassettesimo, è solo ‘Among the Living’, tutto quanto, senza alcuna eccezione: un ritorno al 1987 quando gli Anthrax hanno fatto uscire il loro incontrastato capolavoro, ancora oggi ineguagliato, anche da loro stessi.
E’ una cascata di acciaio rovente: ‘Among the Living’, ‘Caught in The Mosh’, ‘I am The Law’, l’impronunciabile ‘Efilnikufesin (N.F.L.)’ e tutte le altre che danno vita ad un album che, insieme ad altri di altrettanti gruppi storici (ricordiamo che in quell’anno sono usciti anche ‘Taking Over’ degli Overkill, ‘The Ultra Violence’ dei ‘Death Angel’, ‘The $5.98 EP – Garage Days Re-Revisited’ dei Metallica, giusto per citarne alcuni), sostengono ancora oggi i pilastri, non solo del Thrash, ma del Metal in generale. Un buon modo per dimostrare che un album di oltre trent’anni è attuale come se fosse stato inciso ieri ed anche per far ascoltare live alcuni brani che magari, nel corso della carriera del gruppo, sono stati suonati poco. Come già detto è inutile parlare di siffatte canzoni, si pone l’accento solo sulla versione di ‘Indians’: straordinaria.
Chiude il concerto ‘Antisocial’, cover dei Trust tratta dall’album ‘Repression’ del 1980 ed inserita dagli Anthrax in ‘State of Euphoria’; nulla da dire, brano icona che non poteva mancare … un classico tra i classici del Metal.
Spassosa la copertina dell’album, che ritrae le caricature del quintetto, ulteriore dimostrazione di quanto gli Anthrax vogliano divertirsi e far divertire.
‘King Among Scotland’ è un opera che non può dirsi essenziale nella discografia degli Anthrax; a parere di chi scrive, come live è stato più importante ‘The Island Years’ del 1993, che rappresentava un determinato periodo storico del gruppo.
Rimane comunque un ottimo lavoro, molto piacevole da ascoltare e da vedere, che dimostra quanto ancora la vecchia scuola abbia voglia di farsi sentire.
‘Among the Living’ è un album da 100, ‘King Among Scotlan’, pur contenendolo tutto, viene valutato un po’ meno per via di qualche sbavatura che non lo pregiudica, ma si sente.