Recensione: Kingdom Of Fear

Di Alberto Fittarelli - 9 Ottobre 2007 - 0:00
Kingdom Of Fear
Band: In Battle
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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77

Un discorso già fatto, quello della necessità di
innovazione in un death metal che sembra aver perso qualcosa della sua spinta
propulsiva (restano per fortuna le sorprese immancabili, vedi Sickening
Horror
) negli ultimi mesi: un discorso che dev’essere inevitabilmente tirato
in ballo anche per gli svedesi In Battle, peculiare band svedese dedita ad un
death tutto europeo.

Peculiare perché, come forse in non molti sanno, la
band era nata in origine suonando una sorta di Black/Viking Metal: l’omonimo
disco di debutto e The Rage of the Northmen mostravano tutto
l’attaccamento di questo combo per la storia vichinga e le proprie origini
etniche, ma già con il mini dall’eloquente titolo Soul Metamorphosis
le cose iniziavano a cambiare mostrando il lato death della band, sino ad
arrivare al buon Welcome
to the Battlefield
, dove la guerra dei testi si trasferiva all’epoca
contemporanea e lo stile musicale si lasciava andare ormai totalmente a un death
ancora pesantemente influenzato dagli USA, ma quadrato secondo buona norma
tedesca/polacca.

Eccoci quindi arrivare al nuovo Kingdom of Fear,
solidissimo quarto full-length del gruppo, un disco che non rimescola le carte,
ma anzi le ributta rinfrescate sul tavolo, senza spostarsi di una virgola dal
sound previsto. Sciolto il contratto con la Metal Blade, è oggi la Nocturnal
Art di Samoth, in collaborazione con l’inglese Candelight, a farsi carico della
loro produzione, e bisogna dire che l’investimento non è certo azzardato: gli In
Battle
vanno sul sicuro con pezzi di presa immediata, classici e d’impatto,
ma anche di prima qualità. Da citare in questo senso è la bella Follow The
Allfather
, basata su un tappeto di doppia cassa e sull’espressiva e potente
prova di John ‘Odhinn’ Sandin al microfono: quasi 4 minuti di pesantezza
pura, senza che questa diventi noia al primo ascolto.

E suonando classicamente ciò non è facile: lo sanno
le miriadi di gruppi già recensiti sul portale e che si rifanno a questo o quel
nume tutelare, senza il minimo tocco personale; la differenza tra loro e gli
In Battle
sta proprio nelle minuzie, negli arrangiamenti e nella capacità
di esprimere in ogni pezzo tante idee da affascinare l’ascoltatore, pur senza
stravolgere nulla nei canoni del death metal come lo conosciamo oggi. Complice
un’ottima produzione e la grande capacità del batterista Nils Fjellström
(anche negli ancora imperfetti Aeon),
i pezzi scivolano via che è un piacere per gli appassionati sinceri di death
metal, senza picchi particolari ma con un’attenzione costantemente tenuta alta
dai fraseggi, dagli stop’n’go, da finezze inserite non per senso del dovere ma
perchè davvero utili alla struttura della canzone. Un basso distorto e
riverberato che si fa sentire quando deve, un riffing di chitarra serrato,
preciso e tecnico quanto basta completano il quadro di un disco che non ambisce
a nulla di straordinario: vuole solo mostrare qualità.

E ci riesce, ci riesce dannatamente: il classico
album che vi si incollerà ai padiglioni auricolari mentre voi vi state ancora
chiedendo perchè. Subdolo e azzeccato, Kingdom of Fear è un
altro ottimo esempio della varietà stilistica oggi presente in quel paradiso
del metal estremo che è la Svezia.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli


Tracklist:

1. Kingdom of Fear 04:38
2. The Multitude 04:04
3. The Wandering One 04:48
4. Follow the Allfather 03:51
5. Tyr 03:12
6. The Dead Shall See 04:22
7. The Curse 03:08
8. I Kamp 04:18
9. Terrorkings 03:48
10. Path of Power 04:17
11. Raven Calls 04:24

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