Recensione: Kingdom Of Worms

Di Vittorio Sabelli - 17 Novembre 2014 - 17:00
Kingdom Of Worms
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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55

Deserted Fear fanno parte della nuova generazione teutonica di death metal insieme ad altre realtà quali Slaughterday e Revel In Flesh su tutte, messe sotto contratto dalla F.D.A.Rekotz, sempre pronta a dare il suo contributo a nuove band che si confrontano con la old-school.

Il quartetto, nato nel 2007 e proveniente dalla Turingia, si presenta a questo appuntamento dopo un demo del 2010 e il debut-album “My Empire” del 2012, sempre prodotto dall’etichetta tedesca.

“Kingdom Of Worms” è un disco al 100% old school, con un buon collettivo che si esprime in maniera abbastanza energica, puntando su una discreta produzione e una forma-canzone che resta standard sia come durata che come sviluppo compositivo.

Perché mentre i citati Revel In Flesh e Slaughterday riescono a creare nuove interessanti soluzioni (per quanto il genere consenta), i Deserted Fear non danno mai l’impressione di scollarsi dal pre-confezionato, del già sentito.

E purtroppo questa è la pecca della band, che potenzialmente potrebbe, ma resta troppo ancorata a ritmiche prevedibili, non lasciando mai col fiato sospeso per un improvviso cambio di ritmo o per una nuova situazione in arrivo.

La cosa più interessante è la produzione affidata alla mano esperta di Dan Swanö (Bloodbath, Edge Of Sanity) in fase di regia, ma oltre questo quel che si può ascoltare nelle undici tracce è un regolare andamento sul quale la voce di Glatter prova a fare la differenza, ma resta ancorata anch’essa all’andamento della musica, per quanto sia a tratti interessante.

il riffing della coppia Glatter/Hildebrandt risulta interessante per alcuni momenti, soprattutto  melodici, (“Call Me Your God”), mentre quando si tratta di spingere sull’acceleratore sembra come se si blocchi o viaggi col freno a mano tirato, colpa anche della poco interessante vena creativa del batterista Mengs, che fa il suo dovere senza mai innescare un nuovo fill o un interessante ritmo che cambi direzione alla musica.

Insomma, un disco le cui tracce si lasciano ascoltare ma senza mai infierire su chi è avvezzo al genere, soprattutto per la poca originalità messa in atto.

Innocuo, considerando i livelli attuali e il ritorno di scena del genere!

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