Recensione: Kings And Queens
Non sapete quanto ho atteso l’uscita di quest’album e nonostante i risultati siano stati leggermente inferiori alle aspettative, devo dire che il grande Axel ha colpito ancora. L’ho conosciuto con il mitico “The Masquerade Ball” e da allora è diventato uno dei miei artisti preferiti. Tantissime persone da anni lo criticano sostenendo che sia ripetitivo e scontato; io posso in parte concordare queste idee ma nonostante la sua poca originalità di compositore, credo che il gusto e l’atmosfera che Axel crea nei suoi brani sia qualcosa d’unico; con il passare degli anni ha trovato una sua personalità ed un suo stile, aiutato indubbiamente dal talentuosi vocalist che l’anno accompagnato nel corso degli anni (Rob Rock, il mitico Jeff Scott Soto e l’ultimo Johnny Gioeli che considero tutt’ora come una delle voci più calde ed espressive sulla scena Rock-Metal attuale); senza contare poi anche il suono caratteristico della sua chitarra: pesante e tagliente che in certe canzoni, come la mitica “Carousel”, sembra veramente una motosega! Magnifico!Poi c’è da dire a suo favore che da “Oceans of Time” fino a quest’ultimo “Kings and Queens”, Axel è veramente migliorato sotto l’aspetto compositivo; soprattutto rispetto ai tempi di “Between the Walls”e “Black Moon Pyramid” dove, nonostante la presenza di grandi brani tipo “Warrior” e “Talk Of The Guns” nel primo e “Fool Fool”, ”Silent Angel” e “Gettin’ Dangerous” nel secondo e nonostante le grandi prestazioni vocali di Jeff Scott Soto, c’erano un susseguirsi di canzoni con gli stessi giri d’accordi, le stesse linee vocali e con una frittata d’assoli tutti simili e ripetitivi!
Ad ogni modo, senza perdere altro tempo cominciamo con l’analizzare la nuova fatica di Axel brano per brano.La band ormai collaudatissima è la stessa dei precedenti “Shadow Zone”, “The Masquerade Ball” è “The Ballads 2”: si parte con THE GATE, tipico breve intro in stile Axel dove anziché trovare una melodia di chitarra ripetuta più volte (caratteristica tipica dei precedenti lavori del guitar hero), sono le tastiere di Ferdy Doernberg a fare da preludio a FLYING HIGH; la veloce Speed killer track apripista dell’album, dove il gusto melodico di Axel regala subito grandi emozioni ed il devastante Mike Terrana dietro i tamburi si dimostra sempre in grande forma; si continua con COLD HEAVEN e STRONG AS THE ROCK, altri due fantastici pezzi più tipicamente hard rock dove la voce di Gioeli, che sembra migliorare di album in album fa da padrona sotto ritmi rock azzeccati ed incalzanti; FOREVER ANGEL è l’immancabile (ed in questo album, anche l’unico) lento dell’album: i giri d’accordi son sempre quelli, le melodie le stesse, ma la canzone riesce ad essere comunque bellissima e ad entrarti dentro attraverso un ritornello strappalacrime splendido; LEGION OF HELL è un pezzo più lungo ed articolato dei precedenti anche se, nota di merito ad Axel, in “Kings And Queens” le durate degli assoli non sono cosi lunghe ed esagerate come nel precedente bellissimo “Shadow Zone”, dove: interminabili assoli lunghi e talvolta piatti, arrivavano ad appesantire canzoni che con qualche minuto in meno sarebbero risultate molto più belle ed accattivanti; ONLY THE STRONG WILL SURVIVE è un altro tipico pezzo carico, in stile “Warrior” e “Coming Home” mentre con SAILING AWAY secondo me incominciamo un po’ a scendere come qualità; la canzone è una fusione tra Jimi Hendrix ed i primi Black Sabbath, ma a mio parere è un po’ noiosa e troppo lunga per il suo genere; non è la prima volta che Axel tenta pezzi un po’ diversi da quello che è i suo stile: molte volte sono cover: “July Morning” in “The Masquerade Ball”, “Wishing Well” in “Between The Walls”, altre volte invece sono pezzi suoi come “Aquarius Dance” in “Black Moon Pyramid”; in nessuno di questi casi però, i brani spiccano per la loro bellezza; apprezzabili comunque soprattutto per quanto riguarda la voglia di fare qualcosa di diverso e ottenere album un po’ più vari; le conclusive TAKE THE CROWN e SEA OF EVIL son due Mid Tempo anch’essi in tipico stile Axel, lunghi ed articolati che non figurano tra i pezzi migliori dell’album ma che si ascoltano volentieri.
Che altro dire: se siete dei metallari che amano il metal anni ottanta, “Kings and Queens” è un album che sicuramente fa per voi, non arriva ai livelli dei precedenti “Shadow Zone”, “Oceans of Time”, “Eternal Prisioner” o del superbo “The Masquerade Ball”, ma di certo non deluderà le vostre aspettative.
METAL LIVES ON!!!