Recensione: King’s Crusade Pt.1 (The Holy Land)
Dietro alla misteriosa realtà degli Exultet si cela (ormai dal 2012) l’unica figura del mastermind Farz, fondatore e riferimento assoluto per la band siciliana in attività dal 2004. A distanza di otto anni dal precedente sforzo discografico e sotto l’egida della Christian Metal Underground Records, Farz torna in studio per un lavoro ambizioso e che si presenta suddiviso su più capitoli. Il nuovo album è così intitolato King’s Crusade Pt.1 (The Holy Land) e narra l’epico quanto drammatico periodo storico rappresentato dalle crociate, con particolare enfasi su Re Riccardo Cuor di Leone.
È però fondamentale sottolineare che l’offerta Epic Black Metal del qui presente non sia assolutamente tradizionale, non tanto sotto un punto di vista meramente sonoro, dato che i canoni del black metal con forti connotazioni epiche e folk assumono un valore imprescindibile, ma per nulla vincolante quanto piuttosto l’aspetto lirico. Gli Exultet sono infatti una delle più consolidate realtà – perlomeno in ambito nostrano – di black metal cristiano, un ossimoro che nonostante si identifichi nella nicchia di un genere già di per sé di nicchia, è riuscito a catturare l’attenzione di una moltitudine di adepti.
Musicalmente parlando, quanto composto da Farz (Fabio Randazzo) si presenta come un lavoro coeso e che attinge sia dal lato estremo del genere di riferimento, sia dall’utilizzo di strumenti acustici che riescono a immergere l’ascoltatore nel periodo storico in cui si svolgono i fatti digrignati dall’ottima prova vocale. King’s Crusade Pt.1 (The Holy Land) si sviluppa così attraverso 6 tracce – inclusa opener e la conclusiva suite Arsuf 1191 da oltre 11 minuti, accompagnandoci lungo un viaggio mistico di redenzione, sanguinose battaglie e ritmiche spesso sostenute. Un lavoro valido sotto svariati aspetti, che trasuda underground senza però rinunciare all’incisività di una produzione tutto sommato ben oltre le aspettative. Resta da capire se la vostra visione di black metal sia disposta ad accettare che la luce avvolga l’oscurità, nel nome del Re e in quello di Dio.