Recensione: Kna’an

Di Roberto Gelmi - 11 Settembre 2016 - 10:00
Kna’an
Etichetta:
Genere: Vario 
Anno: 2016
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
67

ABRAMO: (secolo XVII a.C.?). Patriarca del popolo ebraico, il cui nome è spiegato dall’etimologia popolare come “padre di una moltitudine”. La sua figura è connessa con i principali scenari della storia ebraica: Mesopotamia (Ur e Haran), Egitto, Palestina. Nella tradizione ebraica e cristiana è un modello di fede incondizionata e mediatore della promessa divina.

Uscita con un suo quid e che ha sicuramente vellicato la curiosità degli ascoltatori questa coproduzione nata dal sodalizio estemporaneo tra Orphaned Land e Amaseffer, alfieri dell’oriental metal che conta. Kna’an (abbiamo traslitterato il titolo per comodità) è coprodotto dai cantanti delle due band succitate – Kobi Farhi ed Erez Yohanan – ed è un concept che parla della figura di Abramo e della sua cerchia familiare. Galeotto anzitutto, però, fu il direttore del Landestheater di Meminngem, Walter Wayers, che ha chiesto ai frontman israeliani di comporre una sorta di soundtrack per accompagnare i momenti salienti dello spettacolo teatrale messo in scena in Germania. Il risultato è una mezzora di musica altalenante, tra momenti riflessivi (ballad per lo più) e alcuni minuti di metal canonico.

Tutti si possono immedesimare nelle figure di Abramo, di Sara e Isacco, personaggi presentati in modo apparentemente superficiale nella Genesi pur possedendo uno spessore psicologico eterno (basti leggere quanto scrive Eric Auerbach nel primo capitolo di Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale). A questi vanno aggiunti i nomi di Agar, schiava egizia dalla quale Abramo avrà Isamele, figlio ripudiato e mitico progenitore dei musulmani.
Il materiale narrativo è promettente vediamo come la resa sonora è riuscita a valorizzare la trama biblica.

L’intro è di quelli a effetto, degno di una colonna sonora, si respira aria del deserto e metafisica. “The Angel of the Lord” inizia in tono sornione, simil-Therion, ma nel ritornello la melodia non manca. Bello l‘assolo di chitarra e la coda à la Blind Guardian. La ballad acustica “Naked – Sarah and Abraham” richiama, invece, l’ispirazione dei primi Opeth in clean vocals. Dopo il ritratto di marito e moglie, il dittico riservato a Sara e la schiava Agar è un pezzo ruvido, a tratti sguaiato, che non convince (soprattutto nel duetto voce maschile e femminile). Bene, invece, gli arrangiamenti araboidi di “Naked – Abraham”, pezzo quadrato e impreziosito da un’altra coda etnica. Toccante la ballad per voce maschile “A Tree Without No Fruit – Sarah”, che riflette sul concetto di fecondità (non necessariamente sinonimo di maternità). L’alternanza tra momenti aggressivi e riflessivi fin qui è godibile.
Tornano le tinte gotiche e “calibaniche” in “There Is No God for Ishma’el”, ma il brano non è memorabile. La breve “The vision” è un concentrato di misticismo e sehnsucht vicino-orientale. Giusto due intermezzi, “A Dove Without Her Wings – Hagar” e “The Loneliness of Itzhak” regalano poche emozioni, pur puntando su un approccio totalmente emotivo. Nel finale d’album “Akeda” spicca per un certo groove (che ricorda il tiro di “Lost not forgotten” dei Dream Theater), così “Fruits from Different Trees – Ishma’el and Itzhak”, pezzo più tirato in scaletta, con rimandi ai già citati Opeth. Il concept si chiude con “Prisoners of the Past”, niente di che, la voce acuta proprio non convince.
In sostanza un dischetto con qualche momento interessante, ma con una tracklist troppo discontinua a livello qualitativo e privo di un vero momento centrale drammatico. Si poteva fare molto meglio, un vero peccato.

 

Ultimi album di Orphaned Land & Amaseffer

Genere: Vario 
Anno: 2016
67