Recensione: Knowing Just As I
I Morgana Lefay sono una delle band più sottovalutate e poco conosciute del panorama svedese, nonostante una carriera prolifica generalmente ad alti livelli, unita a una proposta musicale davvero interessante e particolare. Se da un lato è innegabile che i Nostri non abbiano mai fatto dell’originalità e dell’innovazione la propria bandiera, è vero anche che tutte le varie influenze riscontrabili nella loro musica siano state miscelate in maniera assai convincente e (paradossalmente) personale. Si potrebbero collocare tra la schiera di gruppi che non sentendo la necessità di inventare un qualcosa di nuovo e mai sentito e non possedendo capacità tecniche da conservatorio (tanto per capirsi), hanno sempre fatto valere doti compositive ragguardevoli. Ciò è riscontrabile nella cura per ogni dettaglio all’interno delle singole tracce nei vari album della loro discografia. Canzoni ben riconoscibili e altrettanto ben strutturate, senza badare troppo a inquadrarsi in un genere definito o a darsi un certo tipo di etichetta. Ascoltando i lavori del quintetto proveniente dalla cittadina di Bollnäs si possono ritrovare elementi del power metal nella sua veste più cupa e dal fascino misterioso di Savatage, Crimson Glory e qualche affinità con i loro concittadini Tad Morose. Forte, poi, è la presenza di riferimenti al thrash di Pantera (del periodo “Cowboys From Hell” e “Vulgar Display Of Power”) e Metallica, ma non mancano anche rallentamenti e duri riff di matrice doom (e non è tutto come vedremo).
La loro storia ha inizio nel 1986, anno in cui Tony Eriksson (chitarra), Stefan Jonsson (chitarra), Joakim Lundberg (basso) e Jonas Söderlind (batteria) formano i Damage. Dopo aver condiviso in più occasioni il palco con gli amici di vecchia data dei Sepher Jezirah (nei quali ritroviamo Christer “Krunt” Andersson che in seguito formerà proprio i Tad Morose) i quattro convincono il cantante di questi ultimi (Charles Rytkönen) a unirsi al gruppo decidendo così di cambiare il moniker in Morgana Lefay (1988). Sempre dai Sepher Jezirah, poi, proviene anche il chitarrista Tommi Karppanen al posto del dimissionario S. Jonsson. Con questa formazione registrano il primo full-length autoprodotto, l’ottimo “Symphony Of The Damned” (1990); purtroppo realizzato soltanto in 537 copie in vinile – sarà comunque risuonato e pubblicato nel 1999 sotto il moniker di Lefay. Durante le registrazioni del seguente demo “Rumours Of Rain” del 1992, che contiene buona parte delle canzoni che compongono il seguente full-length, è J. Lundberg a lasciare il gruppo, ben presto rimpiazzato da Joakim Heder. Le note positive arrivano con l’agognato contratto per la Black Mark Production (Bathory, Cemetary, Edge Of Sanity, Memento Mori, …) che pubblica, nel 1993, “Knowing Just As I”. Senza approfondire in questa sede il tormentato rapporto con la Black Mark, forse non in grado di promuoverli a dovere e con la quale, ad ogni modo, pubblicano i loro dischi migliori (“The Secret Doctrine” sempre del 1993, “Sanctified” del 1995 e quello che ritengo il loro masterpiece: “Maleficium” del 1996), passiamo quindi ad analizzare il debutto ‘ufficiale’ dei Morgana Lefay.
La copertina è realizzata dall’artista di punta della label svedese: il talentuoso Kristian Wåhlin, al lavoro anche con At The Gates, Dark Tranquillity, Dissection, Emperor, Mercyful Fate e tanti altri. Rispetto alle altre cover realizzate per gli scandinavi, forse non è la migliore, ma troviamo per la prima volta la clessidra incrinata che sarà una costante, in futuro. Le registrazioni avvengono presso gli FS-Studios di Söderhamn con l’ausilio di Bror Törnell e il risultato è molto buono: ogni singolo strumento è ben equilibrato rispetto agli altri, anche se le tracce non sempre appaiono perfettamente bilanciate tra di loro per via, probabilmente, delle due sessioni in studio a distanza di qualche mese e con differenti bassisti. Tuttavia è solo un piccolo dettaglio, peraltro quasi impercettibile.
“Enter The Oblivion” apre le danze con il suo incedere su tempi medi e con toni solenni. Un solo di chitarra in apertura che lentamente ci traghetta fino al riff stoppato principale ripetuto in maniera ossessiva come da tradizione doom, ma con l’immediatezza e la forza di “Walk” o “Five Minutes Alone” dei Pantera. Ci pensano delle piccole variazioni a rendere tutto più coinvolgente e fruibile mentre Rytkönen, assumendo un tono di voce cupo e gracchiante, ricorda a tutti di accomiatarsi prima di intraprendere la lunga marcia e di salpare verso l’Aldilà. Un’ottima introduzione a un brano imponente e strutturato come “Red Moon” e qui è la coppia di asce Eriksson/Karppanen a farla da padrone con soli e dirompenti sferzate thrash (specie nel refrain), alternati a ritmati passaggi carichi di groove malsano che urlano la propria disperazione. “Salute The Sage” picchia duro in termini d’impatto e velocità sfiorando talvolta le classiche ritmiche slayeriane, forte di un ritornello ficcante perfetto per scatenarsi nell’headbanging. È con le (semi) ballad, però, che i cinque svedesi danno il meglio di sé – tanto che verranno quasi tutte raccolte nella compilation con brani inediti “Past Present Future” del 1995 – e “Rumours Of Rain” ne testimonia tutta l’efficacia. Tetri arpeggi che si fondono magistralmente con incendiarie parti riffeggiate o potenti accelerazioni thrash come nel caso di “Battle Of Ever More”, un epico crescendo da cantare a squarciagola. La prova vocale di Rytkönen è notevole, passando in scioltezza da bassi vocalizzi puliti ad abrasivi toni medi, fino a potenti acuti e ‘urletti’ che rimandano direttamente a mostri sacri come Rob Halford e Jon Oliva, senza mai voler strafare.
Dopo una serie di canzoni del genere (di portata notevole per spessore e solidità), il disco cala leggermente d’intensità, ma le epicheggianti e in qualche modo sempre oscure “Excalibur” (ovviamente non potevano mancare riferimenti al ciclo arturiano …) e la cadenzata “Wonderland”, oltre alla citata “Battle Of Ever More”, sembrano quasi voler smentire quest’affermazione. Molto divertenti, poi, “Modern Devil”, caratterizzata da una sporca e ruvida attitudine thrash’n’roll stradaiola, e l’adrenalinica cover di “Razamanaz” dei Nazareth (una scelta non originalissima a dire il vero), riproposta in una veste un po’ meno thrash della precedente versione degli Artillery su “By Inheritance”, con la ricerca del mantenimento dell’animo rock che pervade l’originale. A chiudere l’album ci pensa “Knowing Just As I”. Più che una canzone vera e propria, è una sorta di nenia tenebrosa che sembra scritta per essere usata in un film horror tipo “Nightmare”. Essendo molto breve, come una specie di outro, scongiura il pericolo tediosità.
“Knowing Just As I” è un lavoro molto convincente che, pur non essendo esente da imperfezioni, conferma il talento e la maturità espressi già con “Symphony Of The Damned”. Il percorso intrapreso dai Morgana Lefay verso la definizione del proprio stile giunge quasi a compimento e anche se raggiungerà l’apice con le uscite seguenti, vale senza dubbio la pena di essere approfondito.
Orso “Orso80” Comellini
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Track-list:
1. Enter The Oblivion 5:22
2. Red Moon 6:17
3. Salute The Sage 3:36
4. Rumours Of Rain 7:26
5. Excalibur 5:03
6. Modern Devil 3:23
7. Wonderland 5:10
8. Razamanaz 2:45
9. Battle Of Ever More 4:56
10. Knowing Just As I 1:35
All tracks 46 min. ca.
Line-up:
Charles Rytkönen – Vocals
Tony Eriksson – Guitar
Tommi Karppanen – Guitar
Joakim Heder – Bass
Jonas Söderlind – Drums
Joakim Lundberg – Bass on tracks 2, 3, 7, and 9