Recensione: Kukeri
Terzo album per il progetto chiamato Svarrogh, percorso solista di Dimo Dimov (batterista dei tedeschi Hatred Divine) in questa sede alle prese con la one-man-band che porta avanti ormai dal 2001 e alle prese soprattutto con le sue radici bulgare, di cui è intento a miscelare estratti folk nel black metal minimale di scuola tedesco/norvegese. Sin dal monicker – Svarrogh è il nome di un’antica divinità domestica del fuoco e del sole – la band poggia dunque la propria esistenza sulla mitologia slavo/balcanica, e ancora una volta infatti l’album è completamente dedicato alla storia antica della Bulgaria.
Si passa da momenti quasi ambient, fatti di voci sussurrate e percussioni alla Summoning (come nel caso di Kukeri Towards the Sea o di The Pashovi Cliffs) ad altre sterzate che pagano non poco dazio all’esperienza maturata da Dimov all’interno della scena black tedesca, con blast beast in pieno spolvero e riff taglienti e malati. Peccato però che Kukeri non riesca a bissare la ferocia e la malata devozione della scena da cui attinge non poca linfa per la propria ispirazione, risultando più una brutta copia che altro.
Ne esce un prodotto che non convince, restando sempre sotto la soglia della sufficienza se non in un paio di episodi che possiamo identificare in Memories in the Dark of the Ages e pochi altri frangenti sparsi qua e là nel corso dell’ascolto. Le maggiori cause di questa mediocrità sono da attribuirsi – al di là di un songwriting mai di livello elevato – a una drum machine eccessivamente sintetica (la marcetta di My Dinasty è imbarazzante) e una produzione all’insegna della sproporzione, con un dislivello eccessivo nelle delle varie parti vocali e uno scompenso altrettanto netto per quanto riguarda tastiere e strumenti della tradizione popolare bulgara. Va però dato atto alle linee vocali di sapersi muoversi con discreta abilità in ambienti scream e in un growl quasi brutal, mentre completamente da dimenticare è l’esecuzione in pulito, che in The Solitude of Stara Planina tocca abissi scandalosi.
Un disco abbastanza insapore, che non riesce a essere un boccone appetitoso né per gli amanti della scena folk tradizionale né per chi il folk ama assaporarlo intrecciato al metal estremo. O siete filantropi e appassionati di mitologia bulgara, oppure potete anche dimenticarvi dell’esistenza di questo prodotto che, senza troppi giri di parole, non riesce ad andare oltre alla mediocrità più totale.
Tracklist:
01. The Pashovi Cliffs
02. Mourning mill
03. Wind hunters
04. Kukeri towards the sea
05. My dinasty
06. The solitude Of Stara Planina
07. Rhodopean winter
08. Kukeri in the snow
09. Somewhere in the woods
10. Memories in the dark of the ages
11. Sun, I pray to thee
12. Kukeri Of The Sun
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini