Recensione: La Leggenda Della Grande Porta
Quando il pianoforte e la chitarra si armonizzano e si fondono in un tutt’uno fatto di atmosfera e poesia, di richiamo e di rincorse, creano qualcosa di puramente magico. Un susseguirsi di note che si accavallano, si intrecciano e si sovrappongono creando un equilibrio fantastico in cui una voce calda e potente può evocare immagini sfumate, scene di vita quotidiane, tratte dall’ordinario scorrere del tempo.
Gli VIII Strada hanno saputo creare un album che, nelle sue sette tracce in puro stile progressive, è capace di portare l’ascoltatore nei meandri della musica come fossero dei vicoli di una periferia suburbana, o come una spiaggia di sabbia bianca lambita dal lento, ciclico, sciabordio delle onde. Sonorità evocative, mai ripetitive o noiose. Nato nel segno del revival della cultura neoprogressive degli anni ’80, “La leggenda della grande porta” è un lavoro che si fa fatica ad assimilare e interpretare dai primi ascolti. Un disco del genere rende necessari ascolti numerosi e ben approfonditi, perché le chiavi di lettura sono nascoste all’interno di un labirinto creato ad arte da trame armoniche ricercate e mai fine a se stesse. In questo senso gli VIII Strada sono riusciti a dar forma a composizioni organiche, senza “suonarsi addosso” in autocelebrazioni musicali, ancora frequenti in questo genere di musica. Con tutto questo, mantengono un profilo basso, dando comunque prova di buona maturità tecnica e compositiva.
La title track dà già un senso d’insieme a tutto il lavoro. Frequenti cambi di ritmo, linee vocali pulite e ben ovattate dai cori in sottofondo, assoli di chitarra di grande precisione, intarsiati in un lavoro davvero notevole alla batteria. La voce di Tito Vezzuso è davvero la ciliegina sulla torta per questo affiatato gruppo di musicisti: una voce armonica e calda, molto malleabile, agile a modularsi sulle note disegnate sull’imprescindibile asse chitarra/pianoforte. Molto bella davvero nel proseguo del lavoro con “Mediterranea” canzone densa di immagini più o meno forti:
“…settembre incomberà anche qui,
la brezza fresca porta via,
le prime foglie di una estate incendiata,
l’oro tramonto penetra,
dentro i ricordi si fa già
sangue memoria Dea Mediterranea…”
Si resta davvero impressionati dalla scioltezza e dalla facilità interpretativa in “Ulysses” dove le immagini della periferia vengono paragonate alla Torre di Babele, “tra panni stesi e torri ammassate” in cui la malattia del vivere viene quotidiano, tra mille difficoltà e precarietà, viene paragonata alle guerre epiche e alla ricerca spasmodica della terra natia per l’eroe Acheo. Una ricerca intimistica, un percorso nella sensibilità esposta del/dei compositori e messa a disposizione dell’ascoltatore fino alla turbinio di immagini “di bambini che si danno la mano quando hanno paura” mescolate alla difficoltà di accettare la situazione, le difficoltà di ogni giorno: “la malattia del’andare via con quei luoghi per sempre nel cuore”. “Sinergy”, brano interamente strumentale esalta lo spirito creativo dei musicisti, crea un buona atmosfera per la dolcezza di “Laguna di giada” malinconica nella prima parte, più graffiante nella seconda parte. Chiudono questo ottimo lavoro “Amenecer” e “Terra dei falò” quest’ultima di sicuro la canzone di più difficile interpretazione, soprattutto per i testi in cui si sottolineano contaminazioni di ritmi latini in un tango passionale e travolgente, in una fusione di atmosfere argentine e testi gitani mescolati in un’orgia di citazioni tra Avalon e la modernità, critica alla massificazione.
“..le ultime note del bandeon,
spingono l’aurora nel grande blu
io che te quiero chica, pinguina mia
so che stelle ormoni urlanti sono una magia ma….
…hijo de puta non vedete che
L’ultima landa popolata dagli gnomi Tayt
Grazie alla vostra stupidità cambia la fiaba in
Un luna…porki… college..in gita…fast food”
Nelle considerazioni finali non si può non rimarcare l’uso dell’Italiano nei testi delle canzoni; scelta quanto mai azzeccata dai VIII Strada che dimostrano quanto la nostra lingua sia docile e gentile al bisogno, nei ritmi poetici e evocativi, dura e incisiva nei cantati più duri e di denuncia. Un uso intelligente della metrica che rende i brani davvero ben equilibrati, anche se non di immediata comprensione, come detto in precedenza.
Che dire di più? Ottimo lavoro davvero, un disco che merita di essere acquistato anche da chi si sente lontano dalle armonie puramente progressive, un ottimo “manifesto” per la musica italiana, sempre più in crescita, e sempre più in grado di emozionare anche fuori dai confini del nostro splendido paese.
Peluso Daniele
Tracklist:
1.La leggenda della Grande Porta
2. Mediterranea
3. Ulysses
4. Sinergy
5. Laguna di giada
6. Amenecer
7. Terra dei falò
Line up:
Tito Vizzuso – Voce
Davide Biscardi – Chitarra
Silvano Negrinelli – Piano/Tastiere
Davide Maltagliati – Basso
Riccardo Preda – Batteria