Recensione: La Leyenda de la Mancha
Ogni album dei Mago de Oz è un concept, quello che vado a recensire è intitolato “La Leyenda de La Mancha” che narra le gesta del famoso cavaliere dalla triste figura Don Chisciotte. I Mago de Oz mescolano musica folk irlandese, con riff alla Rainbow e Iron Maiden, ma con una voce pulita e molto acuta. Se conoscete la storia del Don Chisciotte, ascoltando tutto l’album, molte canzoni ricreeranno le lande e le situazioni in cui si è ritrovato il Don e comunque nei testi è sempre presente un sommario iniziale che spiega il significato di ogni canzone… in spagnolo.
Apre l’album l’intro strumentale “En un Lugar…“, dove flauto e violino ricreano le ambientazioni delle vallate spagnole, cornice delle avventure del Nostro per poi divenire con l’aiuto di chitarre, basso e batteria una bellissima marcia impetuosa folk metal. “El santo Grial” è un tipico pezzo power metal, con l’aggiunta di un violino spinto al massimo, che si tramuta ad un certo punto in una famosa marcia ungherese di Brahms. “La Leyenda de La Mancha” è un mid-tempo molto ritmato dal sound in stile Rainbow dove la parte più melodica si raggiunge nel ritornello e nell’outro della canzone dove l’intreccio tra violino e chitarre ricrea un sound molto neoclassico e folkeggiante. “Noche Toledana” è un lento strumentale di due chitarre soliste che introduce a uno dei pezzi migliori dell’album intitolato “Molinos de viento” in cui il violino è predominante rispetto ad altre canzoni. Anche qui il sound è molto folkloristico e ricrea la galloppata del Don Chisciotte verso i mulini. La canzone come tutto l’album è un monumento alla fantasia. “Dime con Quien andas” è la prima slow song dell’album molto evocativa e triste anche nei passaggi più metal. “Maritormes” e “El balsamo de Fierabràs” sono probabilmente le canzoni più allegre del disco: la prima molto veloce caratterizzata dal giro tra violino e chitarra, la seconda molto più ritmata è un connubio di genio e rock’n’ roll stile Kiss. “El pacto” inizia con un riff di basso in stile Iron Maiden, a cui si unisce un triste violino a precedere la ritmata canzone. In questa traccia il singer mette a dura prova le sue corde vocali. Il culmine lo si raggiunge nell’intreccio di due chitarre soliste assieme al violino. Anche qui il sound è quello maideniano dei primi tempi. “La insula de Barataria” è un pezzo strumentale in stile irlandese (tipico in ogni loro album), con un leggero uso di chitarre distorte solo verso la fine per le ritmiche. “El templo del Adios” è una cover di “Temple of the king” dei Rainbow. Non vorrei esagerare, ma secondo me questa versione è migliore, forse per la migliore produzione, forse per l’uso del violino al posto della chitarra solista o forse per quell’unica nota, che è stata cambiata e che a mio avviso da un tocco ancora più triste. “Requiem” è molto atmosferica e ci introduce alla morte dell’eroe con suoni puramente metal. “Ancha es Castilla” è l’epilogo del concept. Il suono è in stile neoclassico con un misto di chitarre acustiche e clavicembalo nel ritornello e per la strofa un semplice accompagnamento in stile canta-storie.
Tracklist:
1. En un lugar…
2. El Santo Grial
3. La Leyenda de la Mancha
4. Noche toledana
5. Molínos de viento
6. Dime con quién andas
7. Maritornes
8. El bálsamo de Fierabrás
9. El Pacto
10. La Ínsula de Barataria
11. El templo del adios
12. Réquiem
13. Ancha es Castilla