Recensione: La Mirage De L’Idèal
Monolitico.
Questo l’aggettivo che non vi si scollerà dalla mente durante l’ascolto dell’ultimo lavoro targato Arcana Coelestia, progetto partorito dalle fervide menti cagliaritane di MZ (musiche, chitarre ed effetti, già noto per la militanza in band quali Locus Mortis, Urna ed Absentia Lunae) ed LS (voce e testi, Neravendetta), accompagnati dai guest musicians Thorns (basso) e Sephrenel (drums).
Monolitico dicevamo, mastodontico in tutto e per tutto: dalle lyrics, alla lunghezza dei brani, fino all’inespugnabile muro sonoro creato dalla sovrapposizione di strumenti distorti, vocalizzi dal profondo e rarefatti effetti sintetici. Un incedere continuo, lento ed inesorabile; lunga e mistica scalata verso una vetta nascosta dalle nubi, dove poesia e musica vengono snocciolati lentamente e fusi in un unicum a base di Funeral Doom dalle tinte forti e coivolgenti.
Una sofferenza lancinante e dilatata trasuda ad ogni singolo passaggio. Ogni cosa sembra studiata nel minimo dettaglio e, da qualsiasi verso venga analizzato, questo “La Mirage De L’Idèal” dimostra un impegno totale nella cura dei particolari ed un’attenzione pressoché maniacale nella stesura dei testi. Dal punto di vista lirico, infatti, il disco è profondamente incentrato sull’opera autobiografica “Inferno” pubblicata nel 1897 dallo scrittore ed alchimista svedese August Strindberg, annoverato fra i più importanti esponenti della letteratura scandinava ed intestatario di uno dei celebri “biglietti della follia”, che Nietzsche inviò, all’apice del proprio delirio, ad alcune illustri personalità del tempo. Il romanzo/diario da cui il lavoro prende spunto tratta tematiche incentrate sulle visioni che affliggono l’autore, sulla trascendenza dalle illusioni del mondo e sull’analisi e conferma nella vita reale delle teorie descritte dal proprio mentore, il filosofo, scienziato e medium svedese Emanuel Swedenborg, in molti dei propri scritti, tra i quali il libro “Arcana Coelestia”, da cui la band ha tratto ispirazione per il proprio moniker.
Ebbene, “La Mirage De L’Idèal” si rivela un lavoro profondo e poliedrico, sviluppato attraverso canzoni la cui durata si assesta su livelli piuttosto alti, con una media che sfiora gli 8 minuti. E’ evidente una tipologia di composizione abbastanza libera da schemi e vincoli stilistici; scelta, questa, che si rivela vincente su quasi tutti i fronti, eccezion fatta per alcuni momenti, dove la prolissità eccessiva potrebbe indurre un discreto calo d’attenzione nell’ascoltatore. Fortunatamente gli episodi difficilmente affrontabili ricoprono la netta minoranza del minutaggio del platter, andando ad incidere solo in minima parte sul risultato globale di un lavoro che sin dai primi ascolti manifesta buona classe e capacità compositiva elevata.
Il disco si apre tramite la lunghissima opener “Duskfall“, brano fra i più rappresentativi della proposta del combo sardo. A partire dalla soffice intro sintetica, ogni singolo strumento prende coscienziosamente il proprio posto, senza prevalere quasi mai sui compagni. L’ingresso possente delle vocals in growl conferisce pathos ai tempi marziali del pezzo, che si snoda nebbioso attraverso trame sonore psichedeliche capaci di creare momenti di natura differente: dalla tensione angosciante, alla malinconia pura, passando per altisonanti crescendo, delicati intermezzi arpeggiati e bramate risoluzioni. Anche l’utilizzo strategico delle clean vocals riesce a svolgere appieno il proprio compito, riflettendo chiaramente il lamento di un’anima in pena.
Il down-tempo imperante, sebbene possa sembrare un grave ostacolo all’ascolto da parte di chi non è avvezzo a certe sonorità, appare invece talmente calzante nel complesso da poter essere valutato fra i maggiori pregi di un album in grado di secernere costantemente emozioni da assimilare ed assaporare in modo lento e per nulla concitato. A tal proposito, la drammaticità della pseudo-depressive “Requiem (For The Fathomless Void Of Redemption)” riesce a toccare corde nascoste dell’anima, facendole risuonare in una nenia funebre alla quale è difficile rimanere indifferenti. Stesse caratteristiche anche per l’ottima title track che, sfruttando il cantato in lingua madre, dipinge un opprimente disagio spirituale che sfocia in un malinconico monologo finale supportato da psichedeliche e coinvolgenti evoluzioni strumentali.
Le successive “Tragedy and Delirium” pt I e II, la prima cantata e la seconda recitata, si muovono su territori leggermente più Black oriented dove è l’angoscia a fare il bello ed il cattivo tempo; mentre la conclusiva “…Thus Fade In Nocturnal Deluge“, come un’interminabile processione, risulta di digestione non proprio agevole, pur rimanendo su livelli di songwriting e coinvolgimento piuttosto alti. Pregevole è inoltre l’outro pianistica, immancabilmente malinconica, che accompagna l’ascoltatore verso il termine del disco.
A ragion veduta questo lavoro presenta pochi punti deboli, mostrando al contrario tutte le caratteristiche che dovrebbe avere un album come si deve e confermandosi come ulteriore tacca sul calcio del fucile per l’underground del bel paese.
Detto questo, le parole scritte su una recensione possono solo rappresentare lontanamente ed artificiosamente i sentimenti che la musica trasmette direttamente all’anima, quindi consiglio vivamente a tutti gli appassionati del genere di interessarsi a questa band, ed ai non interessati di dare comunque una possibilità ad un’altra ottima realtà del made in Italy.
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Line Up
LS – vocals, lyrics
MZ – guitar, FX
Thorns – guest drums
Sephrenel – guest bass
TRACKLIST
1. Duskfall
2. Requiem (For The Fathomless Void Of Redemption)
3. Le Mirage De L’Idéal
4. Tragedy & Delirium I – The Tragedy
5. Tragedy & Delirium II – The Delirium
6. …Thus Fade In Nocturnal Deluge