Recensione: Labyrinthine Heirs

Di Gianluca Fontanesi - 29 Marzo 2025 - 0:31

Solo la I,Voidhanger poteva tirare fuori un disco del genere: un’entità nerissima, dissonante, stridente, pregna delle peggiori intenzioni e proveniente dal Texas. Di base farebbe ridere, alla pressione del tasto play un po’ meno. I Labyrinthine Heirs sono eccezionali e il debutto omonimo è, ad oggi, il primo disco estremo del 2025 riuscito a farci saltare dalle sedia. Cinque pezzi e trentasette minuti di musica, nei quali si viene catapultati nel più arido dei deserti per venire presto circondati da un branco di crotali affamati.

La band di Austin suona come una deriva di Virus, Ved Buens Ende e di una Norvegia di un certo tipo, portando però le coordinate stilistiche a esplorare territori più lugubri e oppressivi. Sono una sorta di Stargazer inaciditi, rallentati e con un modus operandi molto più fumoso e palustre. I brani si focalizzano tutti sui mid tempo e le accelerazioni sono centellinate e funzionali a quello che si sta suonando. Nulla qui è gratuito o non ponderato; i Labyrinthine Heirs sono un orologio perfetto. Asettici, chirurgici, fastidiosi, potremmo tirare fuori decine di aggettivi, ma una volta entrati in questo disco, non se ne esce più.

I pattern della sezione ritmica sono sghembi, zeppi di accenti e il suono del basso è pura lamiera; la chitarra invece genera trame su trame, spesso basate su loop ben precisi, e il riffing, che é un dizionario di dissonanze, entra nelle orecchie frantumandone ogni resistenza. Ciliegina sulla torta la voce di Evan Sadler: plumbea, bassissima, cavernosa e con una teatralità talmente oscura da far sembrare che il Demonio in persona sia nella stanza con noi a dialogare come se niente fosse. I testi si basano su un amalgama di ansie e preoccupazioni esistenziali con un’interpretazione personale dello gnosticismo, le opere di Jiddu Krishnamurti e la Nuvola Dell’Ignoto.

Labyrinthine Heirs è una perla underground di rara bellezza (o bruttezza, secondo i punti di vista) e, a fine anno, sarà sicuramente etichettato come il miglior debutto del 2025. Avete delle certezze in musica? Bene, questi ragazzi le demoliscono tutte, una per una; poi creano una ragnatela sonora nella quale ti intrappolano senza possibilità di fuga ed Evan Sadler fa il resto. Date tempo a questa band, e magari accaparratevi una delle pochissime copie stampate dalla label (solo 200); se siete amanti delle derive estreme più sperimentali, caustiche, bastarde ed intransigenti, qui avete trovato casa. Da avere.

 

 

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