Recensione: Lacra Ebenei: 13-17

Di Daniele Balestrieri - 18 Febbraio 2007 - 0:00
Lacra Ebenei: 13-17

Non spuntano esattamente dal nulla questi due modenesi, giacché il loro precedente “A Slow Apocalypse” aveva già fatto parlare di sé in più di un frangente. In molti aspettavano quindi l’ennesima evoluzione della band, e con questo “Lacra Ebenei: 13-17” si può decisamente parlare di forte evoluzione, sia dal punto di vista musicale e sia dal punto di vista strettamente concettuale.
“S” e “N”, come amano farsi chiamare i nostri tra le pagine dell’eccellente libretto di corredo all’EP, sembrano essere particolarmente attratti da tematiche particolarmente impegnate e, per fortuna nostra, italiocentriche. Sebbene i testi, come da loro tradizione scritti in italiano ma cantati in inglese, siano di livello particolarmente elevato e di gusto strettamente illuminista-filosofico, bisogna notare come il genere musicale trattato rimanga ben confinato nel black metal di stampo norvegese. 

Ebbene sì, chitarre laceranti e senza respiro, percussioni a mò di mitragliatrice e solo occasionalmente dei brevi rallentamenti estremamente malinconici a ferire l’aria tra una canzone e l’altra. Bisogna dire che la vera differenza tra questo prodotto e le migliaia di prodotti similari immessi sul mercato sia in Italia che nel resto d’Europa è senza dubbio l’estro creativo. Ci si aspetterebbe di veder corredato un simile black metal a copertine nere, monicker devastanti, facepainting e testi di distruzione di massa. E invece la prima sopresa è proprio una copertina bianca, minimalista, e un modo di presentarsi misterioso e leggermente eccentrico, alla Solefald per intenderci.
Si vede distintamente che i due sono patiti della scena scandinava e la riproducono minuziosamente traccia dopo traccia, senza dimenticare alcune variazioni sul tema spesso gradevoli (come i sussurri degli Erlebnis o la monumentale “Priverno“.) Certo, rimangono i soliti problemi che affliggono buona parte di queste produzioni: la registrazione non è eccelsa (ma stiamo sempre parlando di black metal…) e la drum machine è il solito incubo da mixare in modo da non recare troppo fastidio al fluire della musica.

Certo, guardando il lavoro nella sua interezza c’è da rimanere piacevolmente soddisfatti, specie dal punto di vista prettamente immaginifico. Ascoltando però esclusivamente il prodotto musicale, l’impressione di “già sentito”, per quanto sia un “già sentito” eseguito in maniera praticamente impeccabile, è abbastanza difficile da scalzare. Comunque sia, l’istinto mi dice che questi Laetitia in Holocaust sapranno sfruttare i potenziali, sia musicali che letterari, di cui dispongono in maniera forse anche esplosiva. Aspetteremo con ansia il loro prossimo lavoro.

NOTA: nonostante questo sia un disco autoprodotto, in realtà la band ci tiene a precisare che questo viene considerato un EP a tutti gli effetti e non semplicemente un demo. Per contattarli scrivete all’indirizzo misanthrope82@hotmail.com

TRACKLIST:

01. Pinched Perdition
     Fragment I : La camera degli sposi
     Fragment II: Nostalgia per il totalmente altro
02. Erlebnis I
03. A gesture before you enter the darkness
04. Erlebnis II
05. Priverno