Recensione: Längtan
A Praga una volta l’anno, c’è la festa della birra. La quale è munita di Karaoke. La combinazione tra le due cose fa sì che alle volte dei simpatici metallini ubriachi mettano sul piatto qualche canzone dei Darkthrone, periodo Soulside journey, e iniziano a cantarci sopra. Per cantare significa iniziare a fare suoni tipo “Waaaaaaaargh” o “Woooorgh,” in casi eccezionali pure “Wuuuuuuurgh”.
Il che potrebbe fare intuire ai più che i Vanhelga, simpatica formazione di Linköping, facciano del black vecchia scuola. Il che è piuttosto vero, anche se loro si definiscono “Musica positiva per gente positiva”. In realtà non so che ci sia di positivo in un gruppo che si chiama “Profanazione”, un po’ di più dal fatto che l’album si intitola Längtan (desiderio).
Ad ogni buon conto, veniamo alla musica. Che di suo è buona ed interessante, un po’ di Burzum, un po’ di Nargaroth, e un bel po’ di strumenti semplici. I nostri sono molto bravi a creare una gran malinconia tramite pochi tocchi di pianoforte e pocchi arpeggi di chitarra acustica, su cui si innestano basi elettriche classicamente black. Oltre a ciò, bisogna dire che i Vanhelga sono anche in grado di dare una certa progressività alle proprie composizioni. Svartsinth Öhmet in questo parla chiaro, dato che nella seconda parte dei suoi 6 minuti ha una digressione veloce guidata da un ottimo assolo di chitarra.
Ora, indipendentemente dal fatto che queste canzoni siano tutte uguali, perché il black è black, la musica getta delle basi per un buon disco. Un disco bello, più che dignitoso. E qui emerge il problema. Perché i Vanhelga rovinano tutto con la linea vocale.
Stiamo parlando di black, signori, meditate su questa frase!
E meditate anche sul fatto che i metallini ubriachi che sentono i Darkthrone alla fiera della birra di Praga sanno urlare molto meglio del ‘vocalist’ di questa band (anche dopo aver portato le birre in doppia cifra). Band che fra l’altro fornisce la formazione, ma non specifica il chi-fa-cosa. Ad ogni modo ce ne vuole, dopo 15 anni persi dietro a Naglfar, Vikernes, Mayhem, ce ne vuole, ripeto, a definire un cantante black inqualificabile. Un personaggio che si spende in urli sconnessi, frasi sconnesse, risate sconnesse, il tutto impreziosito da effetti sonori come echi, flanger ed abbruttimenti vari, che purtuttavia non riescono a rendere malefico questo screaming. E purtroppo, non riescono nemmeno a coprirne la ridicolaggine.
Questo è quanto, una musica decisamente buona ruinata da un personaggio che dovrebbe riflettere su cosa vuol dire la celebre frase “sono satanico, cadaverico, necrofilo e putrefatto”. Durante ogni ascolto è una tortura, ogni ascolto è fatto di salti tra lo stupore per una melodia delicata o coinvolgente e bestemmie furibonde non appena il singer apre bocca. Sarà anche per quello che il voto finale preferisce punire il secondo elemento piuttosto che premiare il primo. Ed ora mi vien da chiedere perché i Vanhelga hanno acconsentito a perpetrar questo scempio? Ma soprattutto perché la Suspicious Activities non ha corretto questa lor scelta? Perché? Ai posteri l’ardua sentenza, ai presenti l’onere della bocciatura.