Recensione: Last Light

Di Alberto Fittarelli - 12 Gennaio 2010 - 0:00
Last Light
Band: For Ruin
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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60

Sarà il clima, o l’industrializzazione sull’altro lato, ma è un dato di fatto che nelle cosiddette “isole britanniche” la maggiore ispirazione arrivi dal gothic/death/black o dal grindcore. I For Ruin, irlandesissimi di Cork, appartengono alla prima schiera, e con i piedi fermamente ancorati agli anni ’90 ci propongono un mix di gothic e black, una sorta di My Dying Bride cotti in salsa swedish melo-death, che alla loro nazione ancora mancava.

Beniamini di gruppi leader come i Primordial, di cui hanno aperto alcuni concerti – non ultimo quello trionfale del gennaio 2008 a Dublino – godono e soffrono della vicinanza a band di questo tipo: se da una parte è evidente la radice comune dell’ispirazione, dall’altra i For Ruin decidono di lasciar fuori dalla propria musica l’identità “etnica”, la tradizione, spersonalizzandola così abbastanza significativamente. Last Light diventa quindi una miscela di stilemi dark/goth (anche i vecchi Paradise Lost si fanno sentire) e chitarrismo melodico che deve molto ai classicissimi Maiden, spesso e volentieri.

I pezzi scivolano abbastanza bene, ma è indubbio che manchino le hit e che lo spessore dell’album non sia enorme: tuttavia verso la fine la situazione migliora, con un pezzo elaborato come Cold Call decisamente sugli scudi. Buono anche il muro doom della conclusiva Elysium, la prima a dare un alone di atmosfera non artefatta alla tracklist.

L’atmosfera, questo è il grande difetto dei For Ruin: danneggiati anche da un batterista decisamente non all’altezza – non dico di essere Rick Miah o Lee Morris, ma almeno ogni tanto una variazione ci starebbe, e qui i suoni di batteria ricordano un po’ troppo certe cose fatte con Cubase… – i pezzi risultano quasi sempre piatti e poco emozionanti, senza picchi che li facciano emergere.

C’è insomma ancora molto da fare sul lato della maturazione per i For Ruin, che comunque dimostrano quantomeno l’attitudine e l’esperienza necessaria a rilasciare un buon prodotto. Ora è d’obbligo attendere qualcosa di superiore.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

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Tracklist:

1.    Enlightened (Instrumental)    02:25    
2.    Care Of The Dead    03:58    
3.    Decline    04:31    
4.    In Suffering    05:20    
5.    Solace    04:04    
6.    Recoil    03:15    
7.    Crawl (Instrumental)    02:24    
8.    Deluge    04:36    
9.    Cold Call    03:49    
10.    Elysium    05:11    

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