Recensione: Last One on Earth
Parafrasando una definizione trovata qua e là, gli Asphyx sono una band che ha saputo unire influenze Doom Metal molto marcate al Death classico, quello di fine ’80 inizio ’90 aggiungo io. Stiamo per accingerci a parlare di un disco che è uno dei capolavori assoluti del Death classico anni ’90 e invito i lettori a tenere ben presente quella definizione, perché mai fu più azzeccata per “Last One on Earth”. Siamo nel 1992, quando Bagchus, Daniels e Van Drunen, con l’aggiunta di Ron Van Pol al basso, sono all’apice compositivo come formazione musicale. La location di registrazione cambia e da quel di Dortmund la band si sposta agli olandesi Harrows Studios, decidendo così di realizzare in patria la loro seconda prova sulla lunga durata (quella che forse per ogni band è ritenuta la fatidica “prova del 9”). Già un EP (“Crush the Cenotaph”) era uscito per anticipare il disco, contenendo già quello che per gli olandesi è uno dei brani più riusciti di sempre, “The Krusher”, quindi gli auspici e le aspettative non potevano che essere dei migliori.
Iniziamo subito premettendo una caratteristica fondamentale del full-length: ormai nello stile unico degli Asphyx Death e Doom si fondono alla perfezione e sono uno in pieno supporto dell’altro per offrire arrangiamenti dai quali, pur scaturendo un puro Death Metal, provengono anche atmosfere oscure e lievemente melodiche, quasi ad aprire la strada per quello che in futuro chiameremo Gothic nello stile di gruppi come i Draconian, che parecchio se non tutto devono a chi in passato ebbe il coraggio di sperimentare nella propria musica.
I ritmi di “Last One on Earth” si mantengono mediamente più elevati rispetto a “The Rack” e le due canzoni d’apertura (“M. S. Bismark” e la storica “The Krusher”) ce lo dimostrano subito. La band vuole dimostrare di aver saputo correggere le lievi imperfezioni del passato e infatti sin dai primi vagiti il disco si rivela molto più curato e dettagliato in ogni singolo passaggio o stacco. La qualità di registrazione ha anch’essa compiuto passi da gigante e il suono pare non avere più quella leggera patina che lo contraddistingueva in precedenza. Qui poi è questione di gusti dire cosa sia meglio, resta il fatto che il risultato è strabiliante.
“Serenade in Lead” porta poi all’estremo il concept del disco, perché ne è il pezzo più tirato, andando ad attingere solamente dalla tradizione del Death classico. Sono 3’ 28” durante i quali si viene presi a pugni e basta. “Serenade in Lead” rientra nel novero di quelle canzoni che una band compone con l’unico scopo di essere suonata on stage per far scatenare il macello sotto il palco e per cambiare così decisamente il tono della propria esibizione live.
Arriva poi a sorpresa il brano più lungo, la title-track. “Last One on Earth” è la naturale prosecuzione del discorso compositivo iniziato dagli Asphyx con la canzone “The Rack” (che chiude il disco precedente e ne dà il titolo). Durando due minuti in meno, “Last One on Earth” fa capire che la band si è pure perfezionata in arrangiamenti lunghi come questi, sapendo sì comprimere i tempi, ma non togliendo nulla alla riuscita del pezzo. Come in “The Rack”, dopo svariati sali-scendi tra Death e Doom, si chiude con l’inserto di tastiere sfumate, melodiche e appena accennate, ciliegina sulla torta di una canzone che non ci si stanca facilmente di ascoltare, nonostante la sua lunghezza. Molto melodico e d’atmosfera è anche il guitar solo della canzone, sapiente introduzione alle atmosfere finali.
“The Incarnation of Lust” e “Stream of ancient Wisdom” ci riportano poi alla realtà dura e cruda del Death. Anche qui sono da segnalare la maggiore naturalezza della band nell’eseguire i passaggi e la crescita esponenziale del loro stile, ormai divenuto maturo e unico, marchio di chi sa quello che vuole ottenere dalla propria musica. Di “Stream of ancient Wisdom” segnalerei l’ottimo solo a preparare il crescendo finale del brano, caratteristica compositiva che ormai sembra essere un marchio di fabbrica per gli Asphyx.
Molto tirata risulta essere pure “Food for the Ignorant”, sicuramente l’altra canzone potente del cd.
A chiudere, l’altro gioiello compositivo dell’opera, “Asphyx (Forgotten War)”. Ormai non si tratta più di parlare di una Death-Band che ha introdotto stralci di Doom nella sua musica, si tratta di dire che una valida formazione di ottimi musicisti ha saputo col tempo creare un suo stile unico. Credo che “Asphyx (Forgotten War)” non possa essere definita meglio.
Si sa, non è tutto oro quello che luccica. Durante il tour di “Last One on Earth” Van Drunen rimane affascinato dai Bolt Thrower e dalle loro potenzialità e ne diventa il bassista-cantante. Si scioglie così uno dei sodalizi che seppero dare maggior lustro non solo al metal olandese ma al Death Metal stesso. Non ritroveremo Van Drunen nella band fino al 2007, quando decisero di riunirsi. Il resto è storia, reputando infatti “Death…The Brutal Way” una delle migliori uscite di questo 2009 di per sé abbastanza avaro di novità.
Marco “Dragar” Sanco
Discutine sul forum nel topic relativo!
Tracklist:
1. M.S. Bismark
2. The Krusher
3. Serenade in Lead
4. Last One on Earth
5. The Incarnation of Lust
6. Streams of ancient Wisdom
7. Food for the Ignorant
8. Asphyx (Forgotten War)