Recensione: Last Words
L’attiva label nostrana SG Records, attenta alle novità soprattutto quando il parametro di riferimento è lo stile musicale, tira fuori dal cilindro, questa volta, un trio proveniente dalla medesima città d’origine, Macerata, da essa nato nel 2006: gli Osseltion. Mente della band è Ulag (No Lost, Slaves, KaosEngine, Scala Mercalli, Feasting, Hoxxis), che si occupa delle linee vocali, delle parti di chitarra e delle tastiere, nonché del missaggio e della produzione. Coadiuvato, per questo debut-album, da Grak al basso e Ruglud (Feasting) alla batteria.
E, proprio in relazione allo stile, gli Osseltion definiscono il proprio come ‘extreme deformed metal’. Cioè, una miscela di death e thrash, condita da un abbondante uso di elettronica. Il risultato è sicuramente interessante, giacché “Last Words” presenta delle sfaccettature dal taglio originale, nelle quali è davvero arduo pensare a un genere che non sia quello cui si riferisce il combo marchigiano. Se si deve pensare a un concetto di base, allora non si può che far riferimento al death: il sound degli Osseltion è marcio abbastanza, per ciò, e inoltre assomma a sé alcune delle sue caratteristiche fondamentali. Come il growling roco e ‘lavandinico’ di Ulag, certi suoi riff putrefatti, oppure l’approccio assai tecnico di Grak. Nondimeno, le parecchie sfuriate di Ruglud che si materializzano con dei furibondi blast-beats. Poi, su questa intelaiatura primaria, i Nostri accumulano molti richiami al thrash ma anche all’heavy metal; non dimenticandosi – a parere di chi scrive – di ammantare il tutto con un mood tetro e un po’ horror che sono più tipici del black. Ricordando vagamente, nel complesso, quel leggendario “Nightmare Theatre” inciso nel 1985 dagli statunitensi Exorcist, esperimento di speed metal sotto mentite spoglie di alcuni musicisti dei Virgin Steele come David DeFeis ed Edward Pursino. Evidentemente i tempi son cambiati e gli Osseltion sono assai più estremi, tuttavia quel certo non so che di mistero (gli pseudonimi…), di fedeltà alle visioni di Ossian, di brutalità primigenia, non paiono essere così diversi da quelli che animavano gli esperimenti di metal esasperato della seconda metà degli anni ‘80.
Paragoni azzardati a parte, la varietà della musica che si può ascoltare in “Last Words” è degna della migliore attenzione. Il rischio di inserire troppi ingredienti, quando si vuole tentare una nuova ricetta, è alto e comporta, di conseguenza, una cospicua probabilità di mettere sul fuoco un minestrone sciapo, senza consistenza. Ulag e i suoi due soci, che non devono certo essere di primo pelo, evitano accuratamente questa trappola riuscendo a delineare, nell’alone di sperimentazione che avvolge il disco, uno stile sufficientemente definito. Costante nella proposizione delle sue caratteristiche essenziali e, soprattutto, ricco di personalità. Una personalità che si può apprezzare solo dopo molti passaggi sotto il laser, poiché le trame sulle quali si srotolano le canzoni sono tutt’altro che facili da interpretare e quindi da assimilare. Dopo qualche tempo, tuttavia, le allucinate visioni mentali di Ulag prendono consistenza e riescono a intrappolare chi ascolta nell’ipnotico viaggio che esse intraprendono da “Halls Of Deformity” a “Inferno 34”. I singoli episodi, peraltro, sono relativamente lunghi e, ciascuno di essi, può essere visto come un mondo a sé stante come, per esempio, la suite “Sacred Flames”, ricca di cambi di tempo, di accelerazioni, di rallentamenti; secca come il thrash, arzigogolata come il death, intarsiata da soli classici, arcani arpeggi e keys danzerecce (sic!). Una sorta di manifesto esplicativo di “Last Words”, insomma.
Seppure sia a tratti troppo ‘difficile’ per coloro che da un album del genere si aspettano solo e soltanto un massacro sonoro, “Last Words” si rivela un lavoro che può essere assai gradito agli amanti del metal estremo sperimentale. Magari non ‘troppo’ sperimentale, ma comunque apprezzabile per il coraggio che hanno avuto gli Osseltion nel tentare di percorrere direzioni diverse da quelle solite.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Halls Of Deformity 5:53
2. Within 7:02
3. Different Vision 6:29
4. Psychotic Frames 7:55
5. Chains Of Iconoclast 3:30
6. Speed Crusher 6:14
7. Sacred Flames 7:34
8. Inferno 34 5:51
Durata 50 min.
Formazione:
Ulag – Voce, Chitarra, Synth
Grak – Basso
Ruglud – Batteria
Musicisti addizionali:
Assolo aggiuntivo in “Whithin”: Daniele “Alien” Ciabocco
Assolo aggiuntivo in “Different Vision”: Riccardo “Wolf” Ricci
Synth aggiuntivi in “Psychotic Frames”: Alex “Nitrox” Nardi
Voce aggiuntiva in “Chains Of Iconoclast”: Fabrizio Cappella
Voce aggiuntiva in “Speed Crusher”: Christian “Redcat” Bartolacci
Assolo di basso aggiuntivo in “Sacred Flames”: Marco “Jena” Castignani
Voce aggiuntiva in “Sacred Flames”: Gionata “Xenon” Del Gatto
Assolo e voci aggiuntive in “Inferno 34”: Marco Vitali