Recensione: L’Astronaufrago
Se vi dicessi che il rock nella nostra bella Italia è vivo e non e che ci sono tantissime piccole band che non hanno nulla da invidiare ai grandi nomi conosciuti da tutti?
Beh, Il Vaso di Pandora è il perfetto esempio di quanto appena detto. Si tratta di un quartetto bolognese e nel 2019 ha proposto il suo terzo album, ‘L’Astronaufrago’, che farà ricredere tutti quelli che credono che il rock in Italia è morto.
In questo disco sentiamo una fortissima influenza della scena alternative rock (e per certi versi anche metal) di oltre oceano, il tutto condito con uno spirito indubbiamente italiano, per quanto riguarda i testi e le melodie vocali che attingono molto dalla tradizione cantautorale del nostro paese.
La scaletta infatti regala pezzi molto interessanti: l’iniziale ‘L’urlo di Munch’ per esempio è un pezzo che richiama tantissimo la scena grunge di Seattle nella parte strumentale, mentre la voce di Antonella riesce ad adattarsi benissimo agli arrangiamenti proposti; il pezzo dopo un’intro pulito presenta parti distorte, poi ha una voce davvero bellissima e ipnotica.
Il resto dei brani in scaletta segue questo stile ibrido e l’idea musicale che la band ci propone resta coerente nel suo insieme. Vanno citati anche: ‘Eva’, ‘Nulla Cambia’ (che ha degli elementi quasi Nu Metal), ‘Crisalide’ e ‘Luna’, la splendida ballad con cui il disco si chiude.
Se darete un ascolto a questo disco noterete come non sembri un disco italiano, a parte per i testi ovviamente, e questo è un valore aggiunto per una band che si sta facendo strada nella scena underground italiana e alla quale auguro tutti il meglio possibile.
In conclusione, ‘L’Astronaufrago’ è un disco che ogni amante della musica rock in generale dovrebbe recuperare perché ha davvero molto da dire ed è una bella ventata d’aria fresca nella scena musicale italiana.