Recensione: L’aube des anathèmes

Di Alessandro Rinaldi - 7 Agosto 2024 - 0:16
L’Aube Des Anath​è​mes
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La cerimonia d’apertura delle olimpiadi di Parigi 2024, con la sensazionale quanto pirotecnica esibizione dei Gojira con Ah ça ira è stato uno spot per tutto il movimento metal, in modo particolare quello francese, che vive uno stato di grazia. Una terra, quindi, che ormai non è più famosa per il suo patrimonio culturale, i vini o per i formaggi, ma anche per il metal.

Gli Ende sono fanno parte di questa eccellenza, situati nel sottobosco della musica underground; in attività da quasi tre lustri, L’Aube Des Anathèmes è il loro settimo full-length. La line up è consolidata nel corso degli anni:  Thomas Njodr alla batteria e I. Luciferia alla voce, chitarra, basso e tastiere.

Il duo francese, propone un black metal vecchio stile, che suona anni ’90, con delle accortezze, quali una produzione qualitativamente migliore rispetto agli standard del genere, e un uso diffuso delle tastiere, restando completamente fedeli al metallo nero, senza mai sfiorare il blackned death metal. E lo fanno, davvero molto bene, con grande incisività ritagliandosi uno spazio molto personale. Proprio le tastiere meritano un approfondimento: non si tratta di un elemento innovativo, poiché le troviamo in band più “fedeli” al segmento black, come per esempio gli Emperor, ma sono un piacevole corollario ad una proposta musicale vigorosa, che dà un tocco di freschezza e modernità a qualcosa che potrebbe essere etichettato come “classico”. L’Aube Des Anathèmes è composto da 7 canzoni per una durata complessiva di poco più di 40 minuti di puro black metal, suonato con foga e classe, in cui la voce di I. Luciferia graffia l’anima e le sue chitarre disegnano delle note di pece, pronte a prendere fuoco. L’ascolto è scorrevole, grazie all’estrema omogeneità della proposta musicale: una solida base black con un growl spietato e dannato, che lascia spazio all’armonia e agli effetti di tastiera che sono un elemento essenziale introduttivo e (più spesso) conclusivo delle loro creazioni.

Il livello di L’Aube Des Anathèmes è alto, e sicuramente merita più di un ascolto da parte dei nostri lettori; tuttavia, dovendo trovare una pecca, manca qualche “acuto”, qualche brano che si discosti dagli standard, quell’elemento destabilizzante in grado di irretire l’ascoltatore e che lo riconduca col pensiero, magari a distanza di anni, a questo disco.

Les Légions Noires vont adorer ce disque.

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