Recensione: Lazarus
Gli Hacride sono uno di quei gruppi sorti con la letterale esplosione della scena francese, proprio all’inizio del terzo millennio. Se i Gojira hanno mostrato la via a tutti, raggiungendo oggi consensi enormi, tutta una serie di gruppi con la stessa volontà di sperimentare, figlia di una visione trasversale del metal estremo, li ha accompagnati.
E gli Hacride, già dal debutto Deviant Current Signal, hanno saputo buttarsi sul fiilone seguendo una propria strada, imparando strada facendo, e perfezionando di volta in volta il proprio stile. Il seguente Amoeba, infatti, mostrava un gruuppo già maturo in modo impressionante, permettendo addirittura sperimentazioni e guest come in un pezzo del calibro di “Zambra”, cover di un gruppo latino-americano (!)…
E la pelle del serpente cambia di nuovo, questa volta col terzo disco Lazarus: di nuovo su Listenable Records, label che gli estremisti “colti” del metal, nel senso di attenti alle sperimentazioni, dovrebbero ringraziare ogni mattina al risveglio, gli Hacride lasciano andare lungo la strada molta della propria violenza sonora, mantenendo il feeling industriale e avvicinandosi ulteriormente ai connazionali Gojira. Il che presenta vantaggi e svantaggi.
I vantaggi si notano nella capacità indubbia del gruppo di mantenere un proprio DNA ben preciso: e lo si capisce subito col primo pezzo in questione. To Walk Among Them è una suite di 15 minuti, posta incredibilmente in apertura di album, e racchiude in sé tutte le caratteristiche fondamentali di Lazarus: un sistema di “vuoti e pieni” sonori che deve tutto, diciamolo, ai Neurosis; una voce degna del miglior Joe Duplantier (e in questo il vocalist Samuel Bourreau perde qualche punto in personalità, purtroppo); atmosfere plumbee, con cadenze apocalittiche e una visionarietà che si potrebbe persino ricollegare a qualcosa di Wildhoney dei Tiamat…
In realtà Lazarus è un disco dall’anima estremamente composita, e questo gioca tutto a suo favore: il mini-riffettino stile vecchi Dimmu Borgir all’inizio di Act Of God, i lunghi arpeggi di Phenomenon, il groove di A World Of Lies sono momenti gloriosi di un album che si fa conoscere pian piano, con ascolti approfonditi e attenti. I ritmi ormai quasi costantemente rilassati, al limite del post rock, fanno da sfondo a un’interpretazione di voce e chitarre estremamente espressiva, recitata, vissuta. A volte la cosa può risultare forse fastidiosa per chi abbia apprezzato la durezza, o quantomeno l’anima ancora schiettamente metal, dei due album precedenti: basti sentire il relax sonoro di Awakening per capire che le vibrazioni degli Hacride sono ormai cambiate del tutto. È quindi un album per cui abbandonare preconcetti e aspettative, Lazarus: e proprio per questo, molto coraggioso.
Gli Hacride consegnano quindi un capitolo ancora più sorprendente, e se non raggiungono le vette dei più famosi connazionali, dimostrano di avere anima in quantità e talento da regalare. Un album che richiede pazienza, Lazarus, ma che ricompensa a dovere.
Alberto Fittarelli
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Tracklist:
1. To Walk Among Them 15:03
2. Act Of God 06:43
3. Lazarus 08:49
4. Phenomenon 04:44
5. A World Of Lies 07:11
6. Awakening 07:25
7. My Enemy 09:26 [mp3]