Recensione: Lead The Way (And The Old Days-Remastered)
Inizialmente noti come Laserpunch, i bolognesi Revolutio (Maurizio Di Timoteo alla voce e alla chitarra, Alessandro Micelli alla chitarra, Francesco Querzé al basso e Davide Pulito alla batteria) iniziano la loro avventura nel 2009. Ci sono poi voluti due anni, qualche cambio in line-up e l’adozione dell’attuale monicker per giungere alla pubblicazione di un primo demo intitolato “Temporary Knowledge”.
A distanza di ulteriori due anni da quel fatidico 2011, gli emiliani ci riprovano e per l’occasione mettono in campo un secondo demo autoprodotto nel quale, alle canzoni che andavano a costituire il precedente EP, si vanno ad affiancare due composizioni nuove di zecca, con l’obiettivo dichiarato di mostrare il percorso evolutivo della band senza dimenticare un occhio al passato. In effetti le due nuove tracce si dimostrano più curate dal punto di vista dei suoni e degli arrangiamenti oltre che in generale più “melodiche” e rifinite rispetto a quelle più datate; tuttavia ciò non può essere considerato, di per sé, un automatico fattore di miglioramento. Le coordinate sonore battute dai Revolutio hanno visto spostarsi l’ago della bussola dal groove/nu metal (particolarmente udibile, quest’ultimo, in “Speed Of Information” e “Temporary Knowledge”) dell’esordio verso un groove metal possente e compassato che lambisce i territori dello sludge migliorando, come detto, dal punto di vista della rifinitura ma perdendo qualcosa in termini di intensità.
Le vocals di Di Timoteo appaiono certamente più mature e in grado di proporre hookline interessanti dal punto di vista melodico; ad ogni modo la grezza furia che caratterizzava le tracce di “Temporary Knowledge” risultava comunque efficace e tutt’altro che disprezzabile. Un peccato che si sia un po’ persa per strada. Sul versante strumentale non si notano, viceversa, particolari evoluzioni: già ai tempi di “Temporary Knowledge” le chitarre si limitavano alla fase ritmica senza uscire più di tanto dal seminato e oggi la situazione non è cambiata di molto. Male, infine, i suoni decisamente caserecci che relegano le due medesime asce in terzo o quarto piano, affidando buona parte della tenuta della baracca a basso e batteria e andando ad incidere negativamente sulla resa finale.
Al tirar delle somme va riconosciuto che ci sono delle discrete basi di partenza e alcuni punti di forza (legati, in particolare, all’efficace cantato di Maurizio Di Timoteo) che fanno si che le sei tracce proposte siano certamente piacevoli da ascoltare (per quanto obiettivamente prive di lampi). Non convincono, viceversa, alcune scelte di marketing e di stile: da un lato riunire in unico disco pezzi così differenti tra loro per impostazione e qualità di registrazione finisce per creare una fastidiosa sensazione di disordine, dall’altro lato la mancanza di un guitar work un po’ più vicace si fa sentire parecchio.
Per ora siamo su livelli sufficienti/discreti, tuttavia per poter aspirare a qualcosa in più i Revolutio dovranno focalizzare meglio i loro obiettivi e lavorare di più sull’impatto tecnico e sonoro dei pezzi, magari proponendo un nuovo lavoro interamente composto da inediti, scritti e registrati in maniera più curata ed omogenea.
Stefano Burini
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