Recensione: League of Lights
Dopo circa un decennio dalla prima idea, prende forma il progetto musicale di Farrah e Richard West, tastierista e produttore di casa Threshold. I due mastermind, marito e moglie, per il debut album dei League of Lights (moniker promettente) assoldano niente meno che alcuni strumentisti noti al grande pubblico, quali Ruud Jolie (Within Temptation), il leggendario batterista Mark Zonder (ex-Fates Warning, Slaviour, Warlord) e il bassista Jerry Meehan (attivo con la band di Robbie Williams).
Il risultato è un self-titled dal minutaggio risicato, ma che vale l’ascolto, grazie al carattere crepuscolare del sound messo in campo (il tema della luce è presente già nei titoli di alcune canzoni), definibile (stando a quanto scritto nel sito web ufficiale del combo) come “modern melodic rock […] with strong emotive hooks, soaring choruses and inspiring lyrics saturated in faith, hope and love” (moderno rock melodico, con forti agganci emotivi, cori ariosi e testi toccanti, colmi di fede, speranza e amore).
Vediamo come si compone la tracklist. “I’m Alive”, pezzo più lungo del lotto, è opener programmatico dell’intero disco: tastiere ispirate di West, linee vocali ammiccanti di Farrah e il drumwork pulito e icastico di Zonder. Il ritornello non è dei migliori in scaletta, ma tutto funziona alla grande. Il sound dei League of Lights è tra il minimale e l’easy-listening, ma con qualche concessione a ritmiche “pesanti”. Il lato compositivo e le armonie competono evidentemente al tastierista dei Threshold, che limita i virtuosismi (ma questo non è mai stato un suo problema) e punta sull’approccio emotivo.
Brano più catchy “Cover Me Now”, con tinte elettro-pop e un refrain etereo-nivale. Buone le linee di basso, così la prova di Zonder, che picchia duro, spiccando sul resto del comparto strumentale. Inserti d’elettronica all’avvio di “Last Sunset”, tra i momenti più toccanti del platter: la prima strofa è un crescendo strappalacrime che si risolve, tuttavia, in un niente di fatto; bisogna, infatti aspettare il ritornello caatrtico e fatato con chiari rimandi ai Within Temptation per trovare soddisfazione. Una ballad consigliata e che vale l’acquisto del platter.
Atmosfere meno elegiache in “Half Light”, pezzo più grintoso ma che non propone niente di nuovo nel sound degli inglesi. Il refrain è di nuovo una schiarita rigenerante, con le armonie sapienti di West, che affida ai tasti d’avorio, invece, la melodia. Da segnalare anche il parziale socnfinamento in lidi propriamente metal nella terza e ultima parte del brano.
Una città ambrata si presenta a metà del full-length. “Ambertown” inizia con note semiacustiche di chitarra e la solita sprezzatura ben dosata dal combo anglosassone. Qualche guizzo della 6-corde distorta e poi un refrain facile facile da memorizzare. Una traccia d’ascoltare camminando trasognati lungo un viale, pallido di sole autunnale. Se, come detto, “Last Sunset” è tra i momenti migliori del disco, va detto che anche “You Light My Way” raggiunge vertici ragguardevoli. Armonie da colonna sonora filmica, tinte flebilmente commoventi, la voce incantevole di Farrah: non si tratta di metal, ma è sempre buona musica, raffinata, pur se vicina a Celine Dion e affini.
I toni tornano più diretti con “Don’t Leave Me Behind”: niente di eclatante da segnalare, l’identità dei League of Lights sta proprio nella ricerca di un sound controllato e dimesso. Lo ritroviamo anche nei ritmi frizzanti e vivaci di “Animé”, brano con alcune finezze pregevoli di Zonder. Siamo vicini alla magia di brani come “Echoes of Life” dei Threshold, tutto scorre come acqua solo a tratti lievemente increspata (si ascolti la breve parte finale in crescendo).
Gli ultimi due brani in scaletta sono quasi considerabili un tutt’uno. “Cool of the Day” è, infatti, un pezzo fugace per pianoforte e voce solista, che fa da introduzione all’highlight conclusivo, “Heaven Sent a Star”. Quest’ultimo è una song che ropresenta la grinta del brano iniziale “I’m Alive” e scorre come vera delizia uditiva, con main-theme vellicante e timidi inserti di doppia cassa. Nella parte centrale notevole anche l’assolo di pianoforte firmato Richard West.
Quaranta minuti di musica soave, senza bruschi cali qualitativi, anzi almeno tre canzoni che stagliano: “Last Sunset”, “You Light My Way” e “Heaven Sent a Star”. Non mancano, d’altra parte, difetti palesi, a prescindere dal fatto che si tratta di un debut album, con ospiti invece di membri fissi. Principalmente ciò che non fa di League of Light un capolavoro sono i suoi modesti pregi, su tutti l’identità monotematica della voce di Farrah West e la ricerca di uno stile troppo controlalto e “ingetilito”. Dunque, prendere o lasciare, tanto più che è improbabile un sequel del progetto in questione, almeno stando alle parole di Karl Groom…
Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)