Recensione: Leave No Soul
Gli statunitensi Hatchet sono tra le band meno stabili del pianeta. Nati nel 2006, appartenenti alla nuova ondata di ritorno del movimento Thrash Metal e fortemente legati alla prima, hanno pubblicato il primo album, ‘Awaiting Evil’, nel 2008, hanno stravolto la formazione per 3/4 nel secondo, ‘Dawn of the End’ del 2013 (con solo Julz Ramos come superstite, che può dirsi il leader intransigente) e poi di nuovo per il terzo ‘Fear Beyond Lunacy’ del 2015, mentre per il quarto, e per ora ultimo, ‘Dying to Exist’ del 2018, i sostituti sono stati la metà. Un bel tormento artistico quello di Julz, che però pare essersi placato: dopo circa sei anni di silenzio gli Hatchet fanno uscire un mini-album con la stessa lineup del 2018 … incredibile … forse ci siamo!
Bisogna dire che, nonostante i terremoti interni, la band ha sempre prodotto lavori più che discreti, senza cercare novità spaziali e rimanendo nel sacro target del Thrash Old-School dei soliti mostri sacri Metallica, Slayer, Anthrax, Testament, ecc.
L’EP si chiama ‘Leave No Soul’, è disponibile dal 25 ottobre 2024 via M-Theory Audio, ed è composto da cinque canzoni esplosive, in linea con il loro carattere rovente e con i loro precedenti lavori a cui si aggiunge un briciolo di personalità in più, giusto per dimostrare che non sono stati seduti a non far niente per il periodo intercorso tra le due ultime produzioni.
I primi tre pezzi sono inediti e rientrano nel settore dello Speed/Thrash: molto veloci e ficcanti, con un sacco di armonie di chitarre (che ricordano gli Iron Maiden sparati a “78 giri”) che uniscono ferocia e melodia, cantati con una voce graffiante e dotati di un wall of sound solido e impenetrabile. Thrash allo stato brado … buono … nulla da dire.
In particolare, la terza traccia, ‘Withering Minds’, colpisce per la sua andatura disturbante ed infernale, leggermente ansiogena ed interposta ad un refrain melodico e di respiro. Se “Questa è la Via” non possiamo che aspettare il nuovo album con viva curiosità.
Per quanto riguarda le due cover, gli Hatchet hanno scelto due pezzi storicamente importanti e praticamente agli antipodi uno rispetto all’altro.
La prima è la sparatissima ‘Human Insecticide’ degli Annihilator (da ‘Alice in Hell’ del 1989) ruvida e tecnica al contempo, l’altra è ‘Hellion’ degli W.A.S.P. (dall’album omonimo del 1984) un Rock ‘N’ Roll viscerale ed infernale.
Buone prove entrambe, la prima più della seconda, nella realtà un po’ troppo sgrezzata.
Conclusioni: quello degli Hatchet è un buon ritorno, reso ancora più interessante dalla stabilità della formazione che speriamo permanga. Peccato che non abbiano voluto correre qualche rischio in più e far uscire un album completo. Noi attendiamo quello per confermarne il giudizio.