Recensione: Legacy of Ashes
I Sinister sono parte di quella ristretta schiera di band che possono permettersi di portare alto e fiero il vessillo del death in tutto il mondo. Sopravvissuti a terremoti e tempeste personali che ne hanno sconvolto in passato la formazione e lo stile fino a farli sciogliere, da quando sono tornati sulle scene non hanno sbagliato un colpo, incidendo due dischi, i precedenti Afterburner e The Silent Howling, che sono presto stati eletti tra gli episodi più significativi della loro carriera ultra ventennale.
Per chi ha seguito la discografia dei nostri e si appresta a conoscere l’ultima fatica Legacy of Ashes, c’è subito da chiarire che, in questo album, i Sinister non si sono minimamente preoccupati di proseguire con un’evoluzione che sembrava essere partita da quando il leader Aad Kloosterwaard aveva deciso fortunatamente di passare da dietro le pelli a dietro il microfono, e che aveva visto la proposta degli olandesi trovare il perfetto equilibrio tra la brutalità di cui sono da sempre maestri, e le areose aperture melodiche che hanno contraddistinto le tracce sempre più prolisse presenti soprattutto nel loro disco del 2008.
Quella che sembrava una definitiva svolta musicale, viene smentita ora dallo tsunami racchiuso nei solchi di Legacy of Ashes. Memori del loro passato glorioso i Sinister sembrano, sin dalle minacciose note iniziali di Herd of Damnation, voler spiazzare nuovamente i propri fan preparando una di quelle mazzate sui denti che fanno più male se vengono dall’ombra dell’inatteso.
I circa 38 minuti dell’album sono un tripudio di marziale ferocia che non trova pace se non nel pesante ritmo cadenzato della titletrack o in qualche sporadico melmoso rallentamento messo qua e là per prendere fiato.
L’aggressione della sequenza composta da Into The Blind World, The Enemy of My Enemy, Anatomy of a Catastrophe: brani dalla compattezza assoluta, senza alcun fronzolo, che prendono direttamente alla gola togliendo il respiro, non prelude a nient’altro che a puro death metal old school, dove il growling velenoso di Aad è a suo agio come una zanzara in una spiaggia di nudisti. La chitarra di Alex Paul si dedica totalmente alla velocità di riff affilati e coinvolgenti, a stop-and-go frenetici in puro stile thrash, lasciando gli orpelli a qualche sporadico momento di ingannevole dolcezza come il breve arpeggio all’interno di Righteous Indignations, vero masterpiece del lotto a mio parere, che racchiude tutte le facce dei Sinister: violenza, melodia, velocità, varietà.
Legacy of Ashes non è perfetto ma è un album solido che sembra fatto per “mettere i puntini sulle i”. La maestria con cui per larghi tratti è composto lo fa scorrere come un sorso di birra gelata in agosto e, nonostante non proponga nulla di veramente nuovo da quanto regalatoci, prima o dopo, da questa band, fotografa comunque un momento di grande forma di questi olandesi mai troppo elogiati nè considerati dalla critica e dal pubblico medio.
Un grosso rammarico sorge, ahimè, nell’ascoltare una produzione a volte troppo impastata soprattutto a livello di sessione ritmica; un lavoro sicuramente non all’altezza di un disco del genere ma, tant’è. Se vogliamo, questa “asciugatura” della loro musica costituisce un piccolo passo indietro rispetto a quanto fatto in precedenza dai Sinister ma, a parte tutto, voluta o no, ci lascia comunque tanto altro saporito death metal made in Europe, pane quotidiano di ogni deathster che si rispetti.
Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro
Tracklist
01. Herd of Damnation (Intro) 01:27
02. Into the Blind World 04:34
03. The Enemy of My Enemy 04:08
04. Anatomy of a Catastrophe 04:05
05. The Sin of Sodomy 03:31
06. Legacy of Ashes 04:24
07. The Hornet’s Nest 04:44
08. Righteous Indignations 04:32
09. The Living Sacrifice 06:20
Durata totale 37:44
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