Recensione: Legend And Prophecy
In varie occasioni grandi nomi della scena metal mondiale (uno tra tanti l’ Hear ‘N Aid di Ronnie James Dio & Friends) si sono riuniti per aiutare differenti Paesi a risollevarsi, almeno in parte, da svariate problematiche (Aids, catastrofi naturali, etc) non fanno eccezione, sebbene se ne parli pochissimo, i nostri gruppi italiani, un esempio tra tutti sono i Crohm, primo gruppo Heavy della Valle d’Aosta che, nell’autunno del 1985, insieme ad altre band locali, decidono di organizzare un concerto e devolvere i proventi per aiutare Città del Messico, colpita da un terremoto. Ancora oggi il gruppo si impegna in questa missione. Infatti attraverso la vendita del loro ultimo lavoro “Legend And Prophecy”, sono riusciti, nel loro piccolo, ad aiutare i cittadini nepalesi.
Il primo debutto dei Crohm avviene nel 1986 con il brano “Quake”, successivamente nel 1987 Claudio “Zac” Zanchetta (chitarra), Riccardo Taraglio (basso, voce), Sergio Fiorani (voce) e Filippo Bosio (batteria), partono per una serie di date live, non solo ad Aosta, ma anche a Verrès e Morgex, per poi calcare il palco, un’ultima volta, nel 1988.
A distanza di ben 26 anni, nel 2014, il gruppo decide di riformarsi in occasione della rassegna “Questi Anni: Ottantavoglia di rivederci”, ideata e curata dal giornalista Gaetano Lo Presti. Sempre nello stesso anno entra in formazione il nuovo batterista Marco “Manga” Manganaro ed i Crohm decidono di registrare “Legend And Prophecy”, album contenente 9 tracce storiche riarrangiate ed in parte ricomposte tramite l’uso di strumenti inusuali per il genere (violoncello, violino, arpa celtica e flauto) suonati da vari ospiti: Vincenzo Zitello (musicista di Franco Battiato e Ivano Fossati), Milo Molteni (Folkamiseria, Dualis Magic) e Serena Costenaro.
Come i più attenti avranno notato il nome Crohm, in parte si rifà al nome del dio Crom di Conan il Barbaro, per intenderci, il Conan di Robert E. Howard, interpretato poi su pellicola da Schwarzenegger (visione caldamente consigliata – ndr).
Ho detto in parte perchè negli anni ’90 sopraggiunse la moda di utilizzare quel nome in svariate band, una su tutte quella dei tedeschi di “Vengeance”. Da qui la decisione unanime di modificare l’originale inserendo una “H” e trasformare la lettera O in Omega “Ω”.
Quella lettera, quell’Omega, viene rappresentata in copertina come un torque o torquis celtico, una collana fatta di metallo che anticamente veniva utilizzata dalle donne, anche se successivamente divenne d’uso anche maschile. Originariamente era un simbolo distintivo del rango sociale, in seguito il suo significato crebbe e divenne sinonimo di libertà, valore ed onore.
Tutto questo è riassunto nel nome di questa band.
Subito sotto la scritta “Crohm” è possibile notare due statue, poste l’una di fronte all’altra e collocate davanti ad una scalinata, visibile in secondo piano, tramite la quale si può accedere ad una porta, illuminata da una tenue luce.
Questo è un’omaggio, disegnato e progettato dal cantante Sergio Fiorani, in memoria del più grande artista che il teatro italiano abbia mai avuto…Vittorio Gassman.
Ma analizziamo più da vicino la tracklist…
Il primo brano “Kamikaze” viene introdotto attraverso l’uso di riff serrati ed un groove immediato che coinvolge subito l’ascoltatore. La parola kamikaze o vento divino, secondo il folklore nipponico, sta ad indicare un tifone che nel 1281 ha salvato il Giappone da un attacco mongolo e non assume quel significato che noi tutti conosciamo. Infatti nel paese del Sol Levante, viene utilizzato in modo più ampio il termine tokkotai o shinpu tokkotai per identificare quei soldati, non solo appartenenti alla marina imperiale giapponese, ma anche reclute e volontari entrati nell’esercito, che durante la seconda guerra mondiale si sono sacrificati per la propria patria. In ambito internazionale, questi soldati, vennero e vengono tutt’ora chiamati kamikaze…purtroppo però i continui eventi di guerriglia internazionale e di cronaca (soprattutto medio-orientale) hanno fatto si che questo termine venisse spesso utilizzato in modo improprio e fuorviante.
Nella successiva “Every Night”, ritroviamo sonorità appartenenti al movimento N.W.O.B.H.M, quindi suoni grezzi e distorti, scevri da contaminazioni blues settantiane, in cui la parte iniziale, l’inciso, viene ripetuto per l’intera durata del brano.
Il messaggio che invece affiora da “A Long Day Has Begun” è quello di andare sempre avanti nella vita e non arrendersi mai al fato crudele. Tutte questo viene reso musicalmente possibile grazie all’uso di suoni grevi e cadenzati che lasciano spazio, nella parte finale, a poderosi riff.
“Through the valley of the shadows
Search for a purpose in your life
Something that gives you the force”
Con “Town after Town”, vengono ripresi i suoni di “Every Night”. Qui i Chrom hanno voluto omaggiare la musica che loro diffondono “città dopo città” ed alle migliaia di voci che chiedono “We want hard rock music” non si può che rispondere…YEAH!
“Eternal Peace” invece lascia spazio ad un intro in stile Black Sabbath, per poi esplodere in un refrain serrato e coinvolgente, a tratti psichedelico. Questo brano fu scritto alla fine della Guerra Fredda, ma prima che venissero lanciati i missili nucleari. Per tale motivo, il testo non riporta questa vicenda, perché già in origine venne pensato come un dialogo tra Gesù e l’umanità. Quando lui farà ritorno sulla Terra per l’ultima chiamata, indicherà al genere umano l’unico e solo “real kingdom” dove la vera ed autentica pace è quella eterna.
Suoni di arpe celtiche accompagnano l’inizio della titletrack, “Legend And Prophecy”, traccia che viene arricchita e resa ancora più orecchiabile grazie ad un groove molto efficace e moderno, in cui i riff di chitarra hanno quel tocco maideniano che piace ai più. Questa traccia trae spunto da una delle quartine di Nostradamus in cui, un re nato in segreto, si rivelerà ai nostri occhi solo quando il tempo sarà giunto. Per far questo dovremo osservare i segni provenienti dal cielo.
“He belived in a god
That looked in his heart
His name was Crom
Great and just”
Come detto all’inizio di questa recensione, “Quake” fu la canzone di debutto di questa band, nata per partecipare ad un concerto di beneficenza a sostegno di Città del Messico.
A mio avviso, questa è la traccia più ferrea, violenta ed incisiva dell’intero disco, tutto riporta alla mente un terremoto, ritmiche veloci e martellanti, date dalla ripetizione delle battute, spezzate poi nella parte centrale dalla distorsione della sei corde.
L’epilogo va a “Mountains – Heavy Folk Version”, brano ripreso all’interno di questo album e che viene modernizzato attraverso l’uso di arpa, violino, violoncello e flauti, in modo da abbracciare una fetta maggiore di pubblico, soprattutto giovanissimi, ormai abituati a queste sonorità.
Quindi, sebbene i Crohm abbiano avuto questa lunga pausa di silenzio, sono comunque riusciti a realizzare un buon disco, che fonde l’oldies a suoni più contemporanei, che sicuramente non lasceranno delusi i più giovani.
Voglio concludere questa recensione con un’unica parola, molto cara al gruppo: KYDAH!
Cinque lettere molto significative non solo per la band, ma anche per noi tutti.
“Keep Your Dragon Alive”, mantieni vivo il drago, la tua forza interiore, quella che ti permette di andare avanti e di affrontare le mille delusioni e difficoltà che la vita ti riserva, grazie alla quale potrai riconoscere ciò che di bello esiste nel mondo.
Nadia _Spugna_ Giordano