Recensione: Legend :III pt.1
Il primo atto della terza parte di “Legend” si misura sulla distanza che supera i precedenti capitoli in durata; sulla pazienza dell’ascoltatore in quanto la musica prodotta dai Clayton e soci rischia una catartica ripetizione di schemi fino allo spasmo dell’umana tollerabilità; sull’inutile tentativo di voler riprodurre ad ogni costo ed in modo completo un capitolo della bibbia, quello dell’Apocalisse, complesso come pochi altri racconti, con conseguente affanno delle composizioni che risentono della stessa complessità narrativa. Il primo episodio della saga biblica risultava abbastanza riuscito, conturbante quanto sognante, farcito di intrecci sonori fluidi e grande interpretazione vocale di Clayton, attore protagonista ispirato che col tempo, ahimè, è diventato la parodia di se stesso ormai al limite del manierismo più acuto. Il secondo episodio lasciava poco spazio, invece, all’interpretazione, impregnato com’era da un eccesso di pad, effetti sonori e campionatori, di molta poca chitarra sempre in secondo piano, e di molta poca scorrevolezza delle canzoni, confuse e ripetutamente lisergiche che castravano le doti vocali di Clayton. Quest’ultima prova vede un come-back in primo piano sia della sei corde , quasi sempre ritmica e generatrice di riff spezzati ed alternati, sia della voce che ritorna ad imporsi durante l’intera opera con sconcertante prolissità, e si muove su consolidate coordinate in bilico tra l’opera rock, il dark melodico e suggestioni elettroniche. Di buono rimane il fascino di una band e del suo leader, caparbi fino al limite dell’integralismo e coerenti all’ennesima potenza. Non mancano, anche, episodi godibili in quest’ultimo, momentaneo atto, come la spettrale/celestiale “Abomination of desolation”, ying-yang che si rincorre con energica ed oscura dolcezza, e le conclusive “The plague and the darkness” e “The end of the age”, azzeccato epilogo in cui ancora una volta a farla da padrone è l’interpretazione vocale di Clayton che suggella un disco di difficile digeribilità. Manca all’appello l’ultimo, conclusivo atto di questo ambiziosissimo progetto che vedrà luce l’anno prossimo, dopo il quale sembra che la band non abbia più intenzione di registrare altri dischi stando a quanto comunicato sul proprio sito web. Presunzione o presa, finalmente, di autocoscienza? I fan storceranno il naso, chi si avvicinerà alla band per la prima volta forse troverà qualche spunto di che estasiarsi, ma per vedersi rapire il cuore lanciatevi a capofitto su “Saviour Machine I” e “II” e su Legend: part I.