Recensione: Legend of the Starborn
Per tutti gli appassionati del power metal di classe segnatevi questo nome, nel caso sia passato sopra il vostro radar: Veonity. Questo quartetto proveniente dalla Svezia trova il jolly con questo terzo album, Legend of the Starborn, un disco che sprizza da ogni solco power metal anni novanta. Pensate agli Stratovarious, Rhapsody, Gamma Ray, Sabaton e Helloween ed andrete vicino all’essenza di questa band che di certo non aggiunge nulla di nuovo ad una formula ripetuta mille volte, ma suonata con estrema convinzione e ottime capacita’ tecniche. Il passo in avanti rispetto al secondo capitolo “Into The Void” e’ sorprendente.
Questo nuovo capitolo funge da sequel al precedente lavoro, proponendo un folle concept album incentrato su un eroe che combatte gli alieni che vogliono sottomettere l’umanita’ contro un manipolo di vichinghi disposti a tutto pur di difendere le proprie tradizioni. “Rise Again” inizia come una bomba al napalm gettata nelle vostre orecchie, proponendo nel migliore dei modi tutto il campionario del power metal: vocalizzi estremi, assoli pirotecnici, doppia cassa fulminante e cori da osteria bavarese. La differenza con le altre band e’ che i Veonity hanno una professionalita’, unita ad una buona inventiva in fase di scrittura che li erge almeno una spanna sopra i rivali del settore. “Winds Of Asgard” e’ scura ed ha degli arrangiamenti intelligenti e ben strutturati che offrono luci e ombre tra un verso cadenzato ed un ritornello allegro in pieno stile Helloween. La coppia formata dal microfono di Anders Skold e dalla chitarra di Samuel Lundström offre il meglio di sè sulla bellissima Warriors of the North, dove nelle parti soliste si sente l’influenza anche del Malmsteen piu’ispirato nello stile barocco e ricercato. Il disco vanta anche alcuni ospiti d’eccezione: Tommy Johansson (Sabaton, Reinxeed) in “Winds of Asgard“, Patrik Selleby (Bloodbound, Shadowquest) in “Freedom Vikings” e Paul Logue (Eden’s Curse) in “The Prophecy“.
Unica pecca di questo eccellente disco e’ l’eccessiva durata che potrebbe allontanare i meno coraggiosi: ben tredici tracce che variano dai cinque ai sei minuti, per un totale di un’opulenta ora e dieci di ascolto. Superato l’ostacolo, l’album scorre piacevolmente tra un chorus e l’altro, tra epicità, positività ed energia: i Veonity con Legend of the Starborn si confermano come uno dei nomi di punta del power metal europeo in uno tra i migliori dischi di questo genere dell’intero 2018.