Recensione: Legends
La recensione della seconda fatica dei brasiliani Icon of Sin, intitolata “Legends”, potrebbe comodamente essere fatta per relationem, rinviando a quanto scritto sulle pagine di Truemetal da Carlo Passa poco più di due anni fa a proposito dell’omonimo album di esordio.
Dal 2021, infatti, assolutamente nulla è cambiato.
Gli Icon of Sin si confermano una band dallo stile clonato. Si ripete stancamente anche in “Legends”, la direzione intrapresa dall’album di debutto, basata sull’intuizione, che continua ad essere ritenuta a tutt’oggi vincente, del cantante Raphael Mendes.
Quest’ultimo riuscì, già anteriormente all’uscita del primo platter degli Icon of Sin, a guadagnare una certa popolarità, grazie alla serie di video pubblicata sul proprio canale YouTube intitolata “What if Bruce Dickinson sang in other bands”, nella quale Mendes proponeva cover interpretate con lo stile del cantante della “Vergine di Ferro”.
Anche in questo album vi è la presenza dei musicisti carioca Sergio Mazul (Semblant) e Marcelo Gelbcke (Landfall) nella qualità di autori dickinsoniani (e questa volta, unica novità, anche di produttori).
Il lavoro è ben composto e ben suonato e ha alcuni pezzi veramente azzeccati, quali quello di apertura, intitolato “Cimmerian”, che potrebbe essere classificata come una lost song dell’album “Somewhere in Times” degli Iron Maiden o la catchy “The Scarlet Gospel”.
Anche “Terror Games”, l’unico brano in cui sembra parzialmente abbandonata la totale immedesimazione di Mendes in Dickinson, o “Clouds Over Gotham Pt.2” non sono affatto male e la conclusiva “Black Sails and Dark Water” si difende.
Belli pure gli assoli di chitarra e i tipici stacchi NWOBHM.
Non si può ignorare, però, per tutta la durata dell’album un senso di fastidio legata alla ininterrotta imitazione del cantante britannico, che finisce per relegare in secondo piano tutto quello che di buono l’album può offrire.
Cosa resterà di questa uscita?
Soprattutto delusione e dispiacere per l’ennesima occasione mancata da un gruppo che ha i numeri per affermarsi ma che inspiegabilmente si auto relega al ruolo di mera curiosità musicale.