Recensione: Legions of Etruria
Tuchulcha, temibile demone dell’oltretomba etrusco, nonché protagonista di un horror italiano poco conosciuto degli anni ’70, è anche colui che dà il nome a questa band proveniente dalla magica Volterra.
E temibili sono anche le note di Legions of Etruria, primo full-lenght ufficiale, autoprodotto, ma grondante sangue come pochi.
Il disco, dall’artwork ai testi delle 8 tracce in tracklist, incentra tematiche e spirito sulle vicende e sulla mitologia della leggendaria civiltà etrusca, ed è il rumore inconfondibile di una battaglia e di decine di lame che cozzano ad aprire le danze della titletrack: un assalto acre e marziale che dice molto della carica e delle cattive intenzioni del combo toscano.
Death metal della vecchia scuola, che prende un po’ dalla scuola scandinava e un po’ dalla ferocia americana: ritmi martellanti e riff serrati, come in Age of Terror e in Goddess of Pyrgi. Iago Bruchi non dà tregua alle sue pelli, creando, con l’aiuto di David Borghi, un tappeto omogeneo e senza sbavature per le trame semplici e lineari tessute dalla coppia di asce formata da Francesco Frosali ed Enrico Sabatini.
Ascoltare la cavalcata orecchiabile di Return of Supremacy è arrivare al nocciolo del mondo Tuchulcha, con Emiliano Pasquinelli che urla tutta la sua foga guerriera nel chorus più diretto che vi potreste immaginare.
Il resto del disco procede in questo modo, 33 minuti senza particolari picchi di tecnica e di virtuosismo, e con un songwriting non trascendentale, ma con un’onestà tale che spiazza. Legions of Etruria è così un album che riporta magicamente agli esordi di questo genere di sound: produzione grezza ma omogenea, pesantezza, qualche stop and go, e qualche accellerazione (Imperial Slavery), con riff che ricordano spesso e volentieri la malvagità degli Slayer.
Lasciate perdere i Tuchulcha se cercate gli eredi di Cynic, Atheist e compagnia cantante. Qui c’è solo roba ruvida, roba sporca e tanta passione dal regno dell’oltretomba.
Buon esordio dopo l’EP Reflection of God, ora vediamo come crescono questi piccoli adepti guerrieri del Cult of The Dead.
Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro
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