Recensione: Les Épaves [EP]
Uscita speciale per i Therion, un’EP dalla tiratura limitata (solo 1000 copie), che raccoglie alcune brevi cover (registrate nell’inverno 2012), out-take del precedente e originale Les Fleurs du Mal. La copertina è magnifica nell’horror vacui che circonda una morte secca dai toni primordiali e alcune citazioni dissacranti (tra le quali il motto “Spiritus durissima coquit”). L’artwork riprende il titolo allusivo, traducibile in “I relitti”, “Le reliquie” (se volessimo amplificare l’aura dissacrante/decadente lato sensu sottesa alla musica) e l’etimologia del termine francese si ricollega con il nostro “impavido”, quale miglior aggettivo per connotare questa uscita che ha sfidato ogni buon senso commerciale?
L’EP esce, infatti, per Adulruna, etichetta fondata da Christofer Johnsson per ovviare al mancato supporto in casa Nuclear Blast, label che non ha creduto nell’ultima trovata creativa del mastermind scandinavo. Il quarto d’ora musicale proposto merita, dunque, un ascolto e regala un sano intrattenimento, tra metal, blues e sonorità pompose proprie dei Therion.
Geniale la rivisitazione de “L’amour est bleu”, pezzo della cantante greca Vicky Léandros, che nel 1967 (anno di nascita di tanti grandi musicisti hard’n’heavy) rappresentò il Lussemburgo all’Eurovision arrivando al quarto posto. Il motivetto suonato dalle chitarre elettriche è gasante e resta impresso nella memoria, la doppia cassa fa il resto. Virata verso sonorità più catchy con la seguente “Nous ne sommes pas des anges”, inserti di clavicembalo e un fill di hi-hat ficcante. Un brano dai testi maliziosamente attuali, ab ovo interpretato dalla bella France Gall su testi di Serge Gainsbourg, eclettico artista eclettico di origine russe (e padre della talentuosa attrice Charlotte Gainsbourg).
Restiamo sempre negli anni ’60, “La fermeture éclair” (lett. la cerniera lampo) alterna strofe scandite da una sibillina voce femminile in sussurrato ad altre cantate in modo operistico. Buono l’assolo di chitarra sul finire, peccato tutto abbia breve vita. Prima dell’ultima canzone, una versione maschile e più compassata dell’opener, l’EP mette a segno un altro bel colpo, con “Ah-Hem-Ho-Hu-Err” (cover della cantante nizzarda di origine belghe Christine Pilzer), pezzo bluesy, con inserti araboidi, hammond e un refrain magnetico: «L’amour, encore l’amour, toujours l’amour».
Come diceva il buon (?) Thomas Mann: «parler français, c’est parler sans parler, en quelque manière, sans responsabilité, ou, comme nous parlons en rêve». I Therion si confermano band colta e intelligente, azzardando un binomio che pareva poco fruttifero, l’accostamento tra metal e lingua francese, che invece si è rivelato molto interessante e riuscito. Ben venga, dunque, la coerenza con tale scelta stilistica, anche degli out-take in questa prospettiva hanno ragion d’essere. Chiusa questa parentesi attendiamo la band svedese al varco del prossimo studio album, sicuri di non venire delusi.
Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)