Recensione: Let The Devil In
“Horns against Heaven”
Shatraug sta al Black metal finnico come il whisky di puro malto sta ad ogni buon scozzese. Non c’è proprio nulla da fare: quello che il demoniaco ‘Deus ex machina’ di Sargeist ed Horna decide di toccare, si trasforma come per magia in un laido demone ghignante pronto ad aggredire ogni anima desiderosa di sacrificarsi sull’altare del Black Metal finlandese. Grazie al vitale supporto di Torog e Horns, già colonne portanti dei Behexen, i Sargeist sono entrati di prepotenza, ed a pieno diritto, nel gotha del Black Metal mondiale. Caustico, intollerante, monolitico black che sembra pescare dalla più intransigente scuola anni novanta. Una musica ‘fisica’ quella di “Let The Devil In”: nessun ammennicolo, nessuna distrazione; questa la ricetta, semplice ma tremendamente efficace, della musica proposta dalla band finlandese.
Musica scevra da ogni inutile abbellimento. I Sargeist offrono al proprio seguito una coppa dorata traboccante di sangue : “Let The Devil In” è molto più di un disco, è una esortazione, un invito palese a lasciare che il male, l’angelo caduto dal cielo, possa entrare nel cuore dell’ascoltatore. Un inno alla libertà, al libero arbitrio lontano da cerimoniali e dogmi. Condivisibile o meno, questo è il messaggio propagandato dalla band, il tutto condito da un imprescindibile marchio di fabbrica: un suono minimale, agressivo e totalizzante che fa da giusta ambientazione alle grida lancinanti di Hoath Torog.
Entrando nello specifico, cercare di analizzare ogni brano della release potrebbe risultare alquanto inutile e rischierebbe solo di far perdere tempo al lettore. Poche note fuori le righe: raw black metal, un tappeto ritmico in cui il blast-beat non trova ostacolo alcuno, chitarre disorte ma ben lontane dall’effetto “nube di zanzare” e una voce tagliente e piena di rancore. Shatraug catechizza la folla con la sua sapida blasfemia; gli attacchi alla cristianità sono non solo onnipresenti, ma il fulcro su cui ruota tutta la proposta musicale dei Sargeist.
A farne le spese è tutta la religione cristiana: Gesù, ad esempio, viene duramente attaccato in “A Spell To Awaken The Temple” , mentre “Burning Voice Of Adoration” si può considerare tranquillamente come il più esplicito e devoto inno a Satana contenuto nella release. Per il resto, tutti i cliché del genere sono ampiamente rispettati e questo non a discapito della qualità del disco, tutt’altro. Passaggi violenti ed irresistibili si confondo in brevi decelerazioni in canonico mid-tempo. Il tutto rende il disco gelido, disperato ma consapevole.
Consapevole e coscente perché il satanismo vissuto da Shatraug e soci è una scelta ben ponderata e meditata, non lo specchietto per le allodole che molti gruppi agitano per accattivarsi orde di sedicenni invasati rapiti più dalle mode del momento che da una filosofia – dura, scarna e opinabile ma pur sempre una filosofia – che diviene vita quotidiana. E nei testi questa nera indole traspare sempre, non solo come insulto alla cristianità fine a se stesso, ma come manifesto, come vero e proprio anatema del male assoluto.
Non c’è molto altro da dire: disco consigliato a tutti gli amanti del Black metal tradizionale, senza troppi fronzoli o sperimentazioni di sorta. Un disco da vivere, lasciandosi trasportare nell’incubo infinito di una tra le band più rappresentative della moderità.
Daniele Peluso
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Tracklist:
01. Empire of Suffering
02. A Spell to Awaken the Temple
03. From the Black Coffin Lair
04. Burning Voice of Adoration
05. Nocturnal Revelation
06. Discovering the Enshrouded Eye
07. Let the Devil In
08. Sanguine Rituals
09. Twilight Breath of Satan
10. As Darkness Tears the World Apart