Recensione: Let The Fury Rise
Ci sono un francese, un inglese, un greco ed un italiano che formano una band. No, non è l’ennesima barzelletta dove l’italiano di turno alla fine frega tutti quanti, ma la formazione dei Bloodorn, una nuova compagine targata Reaper Entertainment.
Un side project che vede coinvolti alcuni nomi più o meno noti della scena metal. Ad esempio il chitarrista Nils Courbaron ed il batterista Michael Brush provenienti dai Sirenia. Alla voce troviamo il cantante greco Michális Lívas alias Mike Lee attivo con formazioni come Silent Winter e BlackSword. Infine al basso il toscano Francesco Ferraro, che dopo aver militato nei Vexillum, dal 2019 è in forza ai Freedom Call.
La formazione debutta nel maggio del 2024 con l’album Let The Fury Rise, che nelle note di presentazione viene definito, con un po’ di spavalderia, la colonna sonora power metal dell’estate.
Se effettivamente volete che le vostre ultime giornate estive passate a sorseggiare mojito, diventino da calde a roventi, i Bloodorn fanno proprio al caso vostro. In una scena power che tende spesso a diventare troppo sofisticata con contaminazioni sympho, goth e prog spalmate su produzioni super-laccate, i Bloodorn vanno in controtendenza proponendo un power metal schietto che punta sull’impatto e la velocità. Niente da spartire quindi con il suono symphonic dei Sirenia o il trallallà metal dei Freedom Call, ma un vero e proprio assalto all’arma bianca che poggia su riff infuocati e ritmiche martellanti.
Dopo l’intro di rito si parte in quarta con Fear The Coming Wave, un pezzo ruvido e graffiante che nonostante il ritornello melodico ci fa capire che non ci troviamo proprio di fronte all’happy metal della band di Chris Bay. Delle tastiere dal suono gelido ci introducono a Under The Secret Sign, dove la velocità dei Dragonforce incontra l’impatto degli Slayer. Rise Up Again include elementi di power americano, di quello che spesso viaggia sul confine con lo speed/thrash, per capirci.
Chitarre massicce e ritmiche serrate sono indubbiamente il biglietto da visita dei Bloodorn. Un ruolo importante poi lo gioca la voce di Mike Lee, che magari non sarà un’ugola d’oro, ma è capace di creare un’alchimia tra furia e le melodie accattivanti tipiche del filone power. Tonight We Fight è un tempo medio dalla struttura granitica. Forging The Future è il classico pezzo con il quale tutte le band dedite al power metal, rendono il loro doveroso omaggio agli Helloween. Altro pezzo da copione è la title track Let The Fury Rise, alla quale viene aggiunta una dose di acrobazie chitarristiche alla Dragonforce
God Won’t Come pigia sull’acceleratore andando a toccare qualche punta di metal estremo. Altra mazzata tra capo e collo arriva con la feroce Six Wounded Wolves in cui viene incluso un piccolo fuoriprogramma con uno stacchetto dal gusto lirico. Una breve pausa prima di riprendere foga fino alla fine del pezzo. Arriva la volta di Bloodorn il brano con cui la band si auto celebra a suon di riff taglienti e melodie gloriose.
In chiusura una Ghost track. Non intesa però come una traccia fantasma, ma come una cover di Square Hammer proprio degli svedesi Ghost, riproposta in una versione rinforzata, accelerata, e sparata sull’ascoltatore con l’irruenza di un tornado.
Veramente notevole l’esordio dei Bloodorn. Se siete fra quelli che ritengono che il power odierno sia diventato un po’ sonnolento, Let The Fury Rise rappresenta il calcio alla branda che gli darà la giusta sveglia. Un connubio tra potenza e melodia per ricordare che il metal è nato come una musica selvaggia ed aggressiva.
Magari all’inizio di queste righe, la formazione dei Bloodorn poteva anche sembrare l’introduzione di una barzelletta, ma questi ragazzi invece non scherzano affatto.