Recensione: Lethal Desire
Debutto discografico per i Chainbreaker, che dal Canada ci fanno tornare indietro nel tempo con l’album ‘Lethal Desire’, disponibile dal 15 febbraio 2019 via Hells Headbangers Records, spostando di brutta maniera tutto quanto c’è stato dal 1990 ad oggi per farci respirare quell’atmosfera rovente che permeava malignamente negli anni ’80 ad opera di Warfare, Venom, Razor, Exciter ecc. ecc., quando ogni album era una sorpresa e tutto era una novità.
Il loro è un Thrash feroce, intriso di richiami Hardcore, semplice e diretto, tirato in faccia come una secchiata d’acqua gelata (o bollente … vedete voi), essenzialmente veloce e compatto, formato da brani di scarso minutaggio ma determinati, carichi di adrenalina, senza momenti di pausa, quali ballads o semi-ballads per far tirare il fiato, o l’introduzione di elementi contaminanti, quali assoli prog o ritmiche death, per rientrare nei tempi attuali.
Ogni brano, dal quello più sfrenato a quello più sfacciato, è un morso alla gola che infetta e ti trasforma nell’animale più pestifero che ci sia: l’headbanger.
E’ impossibile rimanere impassibili ascoltando brani come ‘Atomica’ e ‘Chainbreaker’, dove aleggia lo spirito dei Motorhead, o ‘Get Yer Feed’, pestata e malvagia.
Ed ancora, la Title-track, ‘Lethal Desire’, con il suo inizio oscuro e poi la partenza a razzo, o la successiva ‘Methalina’, derivante della NWOBHM, che farebbero alzare di scatto le sopraciglia al Cronos dei vecchi tempi.
Il riff di ‘Leatherized’ sembra suonato con una sega elettrica, ‘Hellbound’ coinvolge fino allo stremo con la sua energia luciferina ed i cori che salgono dagli antri infernali, mentre ‘Postmortem Dreams’ incute ansia con la sua ritmica dark e profonda, influenzata dai più neri Black Sabbath e resa ancora più spettrale dal suo incedere attraverso le tenebre più fitte.
La conclusiva ‘The List’ chiude degnamente mettendo sul piatto parecchia forza metallica, evidenziata da una ritmica non eccessivamente estrema ma coinvolgente e trascinante.
Difetti: si, ce ne sono: un po’ di ridondanza e l’album non è certo per coloro che sono a caccia di novità, ma, come per le ‘magagne’ presenti in album come ‘Black Metal’, ‘Mayhem, Fuckin’ Mayhem’ o ‘Heavy Metal Maniac’, rispettivamente di Venom, Warfare ed Exciter (… lo specifico solo per i lettori cha hanno cominciato ad ascoltare Heavy Metal ieri …), chi se ne frega!!!
Quello che ha reso eterni quegli album, superati, in tanti anni solo dai capolavori da 110 e lode quali ‘Master of Puppets’, ‘Among The Living’, ‘Reign in Blood’ o ‘Taking Over’ (e qui, se non sapete di chi sono, venite bocciati senza possibilità di rimediare a settembre), è il magnetismo infernale che sprigionavano, dovuto ad una passione senza freni di chi li ha incisi, trasmessa al pubblico come una trasfusione di sangue contaminato da migliaia di scaglie di ferro. Non era importante se il chitarrista non era preciso o se il batterista mancava qualche piatto per troppa furia; essenziali erano le potenti emozioni che la musica di questi forsennati metallari trasmetteva, trasformandosi nei fans in vera forza ed attitudine.
‘Lethal Desire’, con il suo cantato ruvido e maligno e le sue ritmiche aggressive, rimanda semplicemente a questo, fa rivivere quei momenti istintivi e selvaggi, ma veri, senza inventare nulla di nuovo. Un ritorno al passato che ci voleva, proposto, tra l’altro, da musicisti di buona esperienza, provenienti da gruppi come Cauldron, Toxic Holocaust, Thor (divagando un attimo, un personaggio che, al di là della musica, mi ha sempre divertito) e Striker.
Concludendo, esordio superato a pieni voti. Ora aspettiamo di vedere cosa riserva il futuro ad una band che ha estremamente rispettato il passato. Bravi Chainbreaker.